Cos’è il numero, che l’uomo lo può capire? E cos’è l’uomo, che può capire il numero?
A porsi queste domande, poco più di mezzo secolo fa, era uno scienziato come Warren McCulloch. In realtà queste stesse domande ci accompagnano da quando uomo è uomo. Direi che appartengono alle grande domande della nostra filosofia, intesa come tentativo di indagare sulle possibilità della nostra mente e di dare un senso a ciò che apparentemente senso non ha.
E allora arrivano da lontano citazioni che sono anche tentativi di risposta. Il Libro dei morti dell’Antico Egitto: Puoi portarmi un uomo che non sappia contare sulle dita? Filolao, con uno dei suoi frammenti: Senza numeri, non si può né pensare, né conoscere. Oppure Agostino, che si interroga sl mistero del creato: Togli i numeri alle cose, e tutte periranno.
Già cos’è il numero? E come può aiutarci a capire meglio noi stessi e ciò che ci circonda?
Se domande così sono tentatrici – e sono sicuro che lo siano – c’è un libro che fa per voi: “Il museo dei numeri” di Piergiorgio Odifreddi (Mondadori).
Senza nessuna polemica, questa volta. Odifreddi non se la prende con niente e con nessuno, piuttosto si tuffa nei numeri e si affida al loro incanto. Si abbandona alle loro suggestioni e ne insegue i milli fili. Che possono portare anche alle domande ultime, quelle dei teologi, perché non c’è religione, alla fine, che non si sia misurata anche con i numeri.
Da zero verso l’infinito: storie che si incrociano con il pensiero, l’arte, la storia. Con tutto ciò che ci riguarda.
Diceva Proclo, nel suo commento a Euclide: Dovunque c’è numero, c’è bellezza.
Diceva Virgilio, nelle sue Bucoliche: Dio ama i numeri dispari.
Cosa c’entri non lo so. Però c’entra, in qualche modo.