Durante gli anni della seconda guerra mondiale sono state «tantissime le opere d’arte trafugate dai nazisti, non solo a musei, ma anche a famiglie e sinagoghe: stiamo parlando di centinaia di migliaia di pezzi, spesso depredati mentre si destinavano i legittimi proprietari a morire nei campi di concentramento. È un tema importante e doloroso, taciuto troppo a lungo: oggi vogliamo togliere il velo anche a questo grande dramma della Shoah». Lo ha ricordato il direttore degli Uffizi di Firenze Eike Schmidt, aprendo l’evento ‘Giorno della memoria 2019 – I sommersi e salvati nelle collezioni delle Gallerie’, tenuto i all’Auditorium Vasari del museo fiorentino. «I governi – ha lanciato un appello il direttore – dovrebbero istituire commissioni che si impegnino attivamente, come tra l’altro in Italia avviene già, grazie al Nucleo di Tutela dei Carabinieri: è questo il modello che speriamo altri Paesi scelgano di seguire». All’evento hanno preso parte, oltre a studenti degli istituti toscani, storici dell’arte degli Uffizi come Claudio Di Benedetto e Simonella Condemi e la ricercatrice dell’istituto toscano della Resistenza Valeria Gallimi, la presidente delle Comunità ebraiche italiane (Ucei) Noemi Di Segni e quello dell’Aned Alessio Ducci.
Di Segni (Ucei): «Sistematica distruzione di identità» Di Segni ha sottolineato che l’avere depredato le famiglie ebree dei loro tesori artistici «faceva parte di un disegno di sterminio ben preciso, che si esplicitava anche sulla dimensione del possesso, per il valore che potevano avere le collezioni, ed anche in quanto parte di una sistematica distruzione di identità, nella misura in cui l’arte è componente di una ricchezza interiore delle persone che la custodivano o la realizzavano». La presidente dell’Ucei ha poi voluto ringraziare gli Uffizi per aver dato vita alla battaglia per far tornare il ‘Vaso di Fiori’ di Jan Van Huysum, rubato dai nazisti nel 1944, a Palazzo Pitti: «è una vicenda che abbiamo seguito e continuiamo a seguire con grande attenzione», ha detto Di Segni.
Alessio Ducci, dell’Aned, ha infine portato la sua testimonianza di figlio di un deportato: «Mio padre era in uno di quei campi – ha raccontato ai giovani presenti – Sopravvisse: fu pesato, al momento della liberazione era appena 27 chili. Aveva 18 anni. Addosso gli erano rimasti solo ossa, pelle, nient’altro. Ma ce la fece: partendo da questo elemento di forza, l’emersione contro ogni possibilità dall’immane tragedia dell’olocausto, voglio invitare i giovani a trarre un messaggio di speranza». Durante l’evento, nell’Auditorium sono stati esposti alcuni autoritratti – appartenenti alla collezione degli Uffizi – di artisti deportati dai nazisti durante la guerra: tra questi, quelli di Italo Josz, Max Liebermann, Mariette Lydis, Heinrich Rauchinger, LLewellyn Lloyd e Adriana Pincherle. «Questo tipo di opere avrà simbolicamente uno spazio espositivo ad hoc», ha annunciato il direttore Schmidt, «quando verranno aperte, al primo piano della Galleria le nuove sale dedicate agli autoritratti».