Una folla di persone, come non si vedeva da tempo, ha accolto ieri l’arrivo dell’arcivescovo Paolo Giulietti a Lucca, nel giorno del suo insediamento. Un insediamento che, fin dalle prime battute, è apparso quanto meno diverso da quello che la tradizione aveva abituato: il presule infatti ha deciso di entrare nella sua nuova diocesi ‘a piedi’, facendo una camminata da Capannori fino alla cattedrale di Lucca, con una sosta al santuario di Santa Gemma Galgani. Una scelta che è stata accolta molto bene dalla popolazione, che ha accompagnato il nuovo arcivescovo durante il cammino che lo ha portato prima a incontrare le autorità civili e, successivamente, a celebrare la messa in San Martino, cattedrale di Lucca.
Accoglienza calorosa «E’ stata molto bella l’accoglienza che ho ricevuto – ha commentato monsignor Giulietti questa mattina, incontrando la stampa –. Sono rimasto colpito dal fatto che le persone uscivano di casa, soprattutto gli anziani e i bambini, per venirmi a salutare. E’ stato veramente bello ed è stata una giornata molto intensa per la comunità, sia quella ecclesiale, sia quella civile. La sensazione che ho ricevuto è stata quella di una città che ha la forza di mobilitarsi e questo è decisamente un bel segno in un’epoca caratterizzata da un forte individualismo». Il nuovo arcivescovo di Lucca afferma di essere lui a dover essere accolto da questa comunità e ritiene il rapporto con la gente fondamentale.
Siena-Lucca: a piedi lungo la Via Francigena Si è occupato di pellegrinaggio da sempre e questo aspetto lo ha portato a compiere un pellegrinaggio a piedi, prima di iniziare la nuova missione a Lucca. «Avevo bisogno di un momento di stacco dalla vita di Perugia – racconta – che, nel corso dell’ultimo anno, è stata molto impegnativa. In più trovo bella l’idea di arrivare a piedi, di essere un ospite-pellegrino che arriva nella sua nuova casa. Inoltre, questo cammino mi ha permesso di verificare lo stato della Via Francigena, cosa a cui tengo particolarmente essendo da tempo impegnato nel pellegrinaggio». Ed è proprio sulla Francigena che monsignor Giulietti apre una riflessione: «Per la sua stessa natura – dice – la Via Francigena è una Via di Santiago al cubo: abbiamo una ricchezza infinita di paesaggi, di arte e di cultura da offrire, ma, in questi vent’anni, non ha fatto quel salto di qualità che ci si sarebbe aspettati». I pellegrini non mancano, ma c’è un punto che per monsignor Giulietti è fondamentale: «Chi intraprende il cammino sulla Francigena non ha come meta Roma, ma ne fa un tratto. Questo, a mio avviso, è un vulnus che rischia di essere mortale per la Francigena. Ci deve essere ‘la meta’, mentre adesso ne vengono percorsi dei tratti e basta». Lui ha camminato sei giorni, partendo da Siena e facendo tappa, tra l’altro a San Gimignano, San Miniato e, alla fine, Altopascio. Sei giorni che gli sono serviti da una parte per conoscere meglio la realtà di Lucca, studiandola – «Di mattina camminavo e di pomeriggio studiavo», racconta – e, dall’altra, di verificare lo stato di questa via di pellegrinaggio: «Sicuramente va migliorata la manutenzione – afferma – ad esempio, uscendo da San Miniato c’è un tratto con erba altissima, mentre altri sentieri mancano completamente di manutenzione. C’è molto da fare anche in questo senso, ma uno sviluppo reale passa per forza da una realtà di rete che veda impegnati gli Episcopati ma anche le Regioni. Ovviamente, nei contesti opportuni, dirò le mie ragioni affinché vi sia questo sviluppo».
I giovani risorsa fondamentale – «Quando la Chiesa, un’associazione di volontariato, un partito perdono un giovane, tutti perdiamo una risorsa fondamentale». Monsignor Giulietti è da sempre molto vicino ai giovani e ha intenzione di concentrarsi molto proprio sui più giovani per dare nuova linfa alla Chiesa lucchese. «Ho deciso di prendermi un anno per conoscere bene la situazione lucchese – spiega – che è molto diversa, anche solo perché presenta realtà molto diverse tra loro come quella della Valle del Serchio e quella della Versilia, ma è importante che ci si impegni ad accogliere il documento del Papa sui giovani, per dare attuazione alle sue indicazioni». Per monsignor Giulietti, infatti, «I giovani sono molto importanti per la Chiesa e se manca la loro presenza, manca una parte importante della nostra realtà. Purtroppo, questa mancanza di impegno non la vive solo la Chiesa, ma è comune a tutte le realtà. L’impegno deve essere proprio quello di creare un senso di appartenenza». Per il presule è importante anche la valorizzazione dello scoutismo, perché: «Avvicina nuovamente i giovani alla natura e fa conoscere loro una realtà che si è sempre più allontanata dalla loro vita, quella più legata alla campagna, all’agricoltura. A volte ho chiesto ai ragazzi se sapessero cosa è un ‘covone’ e, in effetti, non lo sapevano». E, quindi, riavvicinarsi alla natura, alla vita all’aria aperta, può essere importante anche per quel senso di appartenenza alla Chiesa che monsignor Giulietti cerca di favorire.