Uomini che bramano donne fino al gesto estremo di ucciderle pur di averle o di non perderle. Storie di cruda attualità di chi trova il coraggio di denunciare il proprio carnefice e di chi, invece, a volte può solo soccombergli. Il saggio dello psicologo Luciano Di Gregorio, “L’ho uccisa io. Psicologia della violenza maschile e analisi del femminicidio” (primamedia editore), è arrivato in Consiglio regionale dove è stato presentato nella Sala degli Affreschi.
«Il problema di fondo – ha detto la consigliera dell’Ufficio di presidenza Daniela Lastri presentando il libro – è analizzare quanto gli uomini hanno paura della libertà delle donne. Del resto ogni volta in una società ci sono stati di avanzamento c’è repressione che può portare fino all’uccisione della donna solo perché ha deciso di compiere atti di libertà. E’ interessante il tema sia trattato da un punto di vista maschile. La necessità di un salto culturale, che investa tutte le relazioni umane e affettive, riguarda ovviamente anche gli uomini». La consigliera ha poi ricordato sul contrasto alla violenza di genere, l’impegno dell’assemblea legislativa, l’ente che nel 2013 ha organizzato per i propri dipendenti il primo corso di formazione contro il femminicidio. «La tematica – ha concluso Lastri – è all’attenzione del Consiglio, non può essere considerata un’emergenza, quanto piuttosto un elemento strutturale della società. Il punto è che non dobbiamo più solo analizzare cosa è successo nel tempo alle donne, ma interrogarsi su cosa stia accadendo agli uomini».
L’analisi delle pulsioni Risposte che il saggio di Di Gregorio affronta partendo da un’analisi approfondita dei crimini e utilizzando concetti freudiani come la pulsione di crudeltà e quelli di oggetto d’uso che derivano dalla moderna psicoanalisi, traccia alcuni profili psicologici del maschio di oggi e individua molti dei fattori scatenanti che ne determinano le esplosioni violente, a volte estreme. Uomini comuni, con vite regolari, anche colti e benestanti, soggetti differenti per storie sociali e personali che, nel rapporto di coppia, hanno saputo anche mostrarsi amanti affettuosi, padri esemplari, compagni di vita spesso gratificanti. Anche loro possono essere attori di un dramma che da tempo scuote le coscienze di una società che ci ostiniamo a chiamare moderna.
I numeri della violenza in Toscana Sono donne adulte, di età compresa tra i 30 e i 49 anni, hanno normalmente un buon titolo di studio ed un impiego fisso, spesso da impiegate o da libere professioniste. In quattro casi su dieci si tratta di donne sposate. Sono le donne italiane che si rivolgono a Centri antiviolenza e ai consultori della Toscana per denunciare di aver subito episodi di violenza di genere. In quattro anni, dal 1° luglio 2009 al 30 giugno 2013, si sono rivolte ai 20 Centri antiviolenza toscani oltre 8mila donne, 8.218 per la precisione, ossia più di cinque al giorno.
Il numero delle donne che hanno chiesto aiuto ad un Centro antiviolenza è andato a crescere negli anni: erano 1.725 tra il 2009 e il 2010, sono diventate 2.424 nel corso dell’ultimo anno. I numeri arrivano dal “V Rapporto sulle violenza di genere in Toscana” dove sono attivi 20 Centri antiviolenza, 53 sportelli di ascolto e 10 case rifugio. Il tipo di violenza denunciata è nell’81% dei casi di tipo psicologico, nel 63% fisico, nel 27% economico. A seguire, nel 15% dei casi si tratta di stalking, per l’8% è violenza sessuale, nel 4% molestia sessuale e nell’1% dei casi è mobbing.
La rete toscana E proprio in Toscana, per far dronte a questi numeri, è attiva una rete di operatori che da supporto alle donne che subiscono violenze come nel caso dell’associazione Artemisia Onlus. «Di Gregorio – ha detto la psicologa e psicoterapeuta del centro Teresa Bruno – ha fatto un lavoro molto onesto perché la sua analisi tiene insieme più aspetti che, nel caso delle violenze, non sono mai staccati uno dall’altro. Quello che riveste un maggior valore e cioè l’analisi rispetto alla costruzione di un’identità maschile, ma anche quelli culturali ed economici oltre alle dinamiche relazionali dello sviluppo dell’identità maschile». Un lavoro su cui è impegnato il Cam di Firenze, Centro di ascolto uomini maltrattanti, con lo psicologo Giacomo Grifoni. «Spesso sono motivi futili a scatenare violenze – ha detto Grifoni – gli uomini che si rivolgono al centro vengono più per giustificarsi in qualche modo che per consapevolezza. Quella arriva dopo, a poco a poco, seguendo il percorso che noi indichiamo».