Si chiama l’Intoccabile e promette di essere la vera storia dell’ascesa al potere di Matteo Renzi, da quando muove i primi passi nella Margherita di Rutelli, alla scalata alla Provincia di Firenze, fino alla candidatura e elezione a sindaco della città di Firenze. Che, nel suo caso, non fu punto di arrivo per servire una delle città più belle e importanti al mondo ma “trampolino di lancio” verso altri ambiziosi obiettivi politici e di potere. «Poiché anche da tue molteplici e ripetute dichiarazioni e manifestazioni ho tratto il convincimento che tu abbia optato per la sindacatura di Firenze quale “passaggio” alla leadership politica, il mio giudizio su tale condotta non può che essere critico». Così nel febbraio del 2012 Pier Luigi Vigna scriveva al Sindaco Renzi dimettendosi dal suo incarico di consigliere per la sicurezza.
Questo e molti altri documenti originali sono ora pubblicati, appunto, nel volume “L’intoccabile. Matteo Renzi la vera storia” di Davide Vecchi, giornalista de Il Fatto quotidiano, da un mese nelle librerie e già alla seconda ristampa. Alla presentazione fiorentina erano presenti anche il professore Tomaso Montanari, che ha ricordato molte vicende renziane, dall’affitto di Ponte Vecchio alla Ferrari alla ricerca vana del Leonardo sotto il Vasari, e Sandra Bonsanti che, tra l’altro, ha annunciato le sue dimissioni da presidente di Libertà e giustizia dopo 12 anni.
Il libro è ricco di episodi e nomi del “Giglio magico”, alcuni dei quali imbarazzanti anche per un politico che ha fatto della rottamazione e del nuovismo in politica una delle parole d’ordine. Una lettura, dunque, consigliata soprattutto ai renziani, prima ancora che agli oppositori del Premier, per conoscere la storia di un ragazzo che, lo ricordo a me stesso, è arrivato a Palazzo Chigi non dopo regolari elezioni ma dopo aver vinto le elezioni primarie del suo Partito (giusto un anno fa). Non nego che i primi tempi di Renzi anche io abbia nutrito qualche simpatia per questo giovane rampante che parlava fuori dagli schemi e bacchettata una generazione di uomini della sinistra post comunista che non era stata in grado di traghettarsi oltre il muro di Berlino, e che dopo il congresso di Pesaro del 2002 non aveva avuto il coraggio di insistere sulla socialdemocrazia.
A questo punto, e alla luce anche delle dieci domande che l’autore pone a Renzi e che sono tutt’ora rimaste senza risposta (per sapere quali potete comprarvi il libro) mi permetto una riflessione. Al punto in cui siamo arrivati in Italia piuttosto che dividerci come supporters intorno alle persone, dopo che nei decenni ci siamo confrontati tra craxiani e no, tra berlusoniani e no e adesso tra renziani e no, nella ricerca disperata della leadership che ci tolga dalla crisi e dal pantano morale, non sarebbe meglio tornare ad innamorarci delle Idee e delle parole piuttosto che degli uomini? Anche perché gli uomini tradiscono, le idee no.
Prendiamone tre: libertà, eguaglianza e fratellanza. Tre simboli che compongono la scala valoriale riconosciuta dei nostri sistemi democratici. Perché non torniamo a riempirle di contenuti anziché usarle ed abusarle? Ad esempio sulla diseguaglianza sociale che ha creato il Mercato in questi anni aveva detto parole giustissime nel 2011 l’allora direttore generale dell’FMI, Dominique Strauss-Kahn, in seguito accusato di violenze sessuali.
«Quel che abbiamo imparato nel corso del tempo è che la disoccupazione e la diseguaglianza possono minare i successi dell’economia di mercato, e seminare instabilità. La crescita da sola non è sufficiente. Abbiamo bisogno di politiche dirette sul mercato del lavoro. Ma fatemi parlare del secondo pilastro della crisi sociale — la disuguaglianza… la ricerca del FMI dimostra anche che la crescita sostenibile nel tempo è associata con una più equa distribuzione del reddito. Abbiamo bisogno di politiche che riducano le disuguaglianze e garantiscano una distribuzione più equa delle risorse e delle opportunità. Reti di sicurezza sociale forti, combinate con una tassazione progressiva, possono ridurre le disuguaglianze provocate dal mercato. Gli investimenti nella sanità e nell’istruzione sono fondamentali. I diritti di contrattazione collettiva sono importanti, soprattutto in un contesto di stagnazione dei salari reali. La concertazione sociale è un utile schema, in quanto permette di condividere equamente sia i guadagni dei periodi di crescita sia le sofferenze degli aggiustamenti.
Non era forse questo il tentativo di dare nuovi contenuti da quella fondamentale tribuna che è il Fondo Monetario Internazionale ad una parole fondamentale quale l’eguaglianza sociale? Strauss-Kahn è senz’altro uno che ha tradito la fiducia di chi lo seguiva. Ma quelle idee non sono forse ancora più attuali e stringenti? Chi altri ne parla?
Ah, s’io fosse fuoco