Al suo arrivo all’università di Siena nel 2010 trovò «una situazione di grave disagio» e il buco di bilancio «era di 51 milioni di euro»: per questo motivo fin da subito sarebbero state attivate «verifiche interne» e «le necessarie manovre correttive». Così il rettore dell’università di Siena, Angelo Riccaboni, ascoltato nel pomeriggio di ieri come teste al processo in corso al Tribunale di Siena sul buco di bilancio di oltre 200 milioni dell’ateneo, ‘rosso’ relativo agli esercizi dal 2004 al 2007. Il rettore è stato sentito in aula dal Pm Antonino Nastasi.
Pedinamenti per Miccolis A precedere la sua deposizione, durata meno di mezz’ora, quelle dei marescialli della Gdf che hanno condotto le indagini, Nicola Mozzillo e Giuseppe Capomaccio. Quest’ultimo ha rivelato che nell’ottobre 2009 gli uomini delle Fiamme Gialle effettuarono un pedinamento nei confronti dell’allora direttore amministrativo dell’università di Siena, Emilio Miccolis. Il pedinamento sarebbe stato necessario a verificare che i viaggi di Miccolis a Roma fossero stati fatti con auto e conducente a spese dell’ateneo senza che il direttore amministrativo avesse reali impegni o appuntamenti di lavoro nella Capitale. La testimonianza di Capomaccio ha anche ricostruito l’affidamento in gestione di un bar all’interno dell’ateneo che non sarebbe avvenuta tramite gara d’appalto o dopo un’indagine di mercato, ma per affidamento diretto. Nell’inchiesta sul buco di bilancio dell’ateneo senese sono indagate 14 persone tra cui due ex rettori, Piero Tosi e Silvano Focardi, imputati a vario titolo di abuso d’ufficio, falso ideologico e peculato. Secondo l’accusa avrebbero «gonfiato bilanci per far apparire sano lo stato di salute dell’istituzione contabilizzando residui attivi inesistenti per decine di milioni». La prossima udienza è stata fissata per il 17 febbraio e saranno ascoltati altri testimoni indicati dal Pm Nastasi