Pubblichiamo il discorso integrale di Simonetta Losi, che ha aperto l’incontro organizzato questo pomeriggio da agenziaimpress.it e La Nazione di Siena  al Santa Maria della Scala con i tre candidati  rettore dell’Università di Siena, Francesco Frati, Felice Petraglia e Alessandro Rossi.

IMG_20160614_171602È un momento cruciale nella secolare storia dell’Università degli Studi di Siena. Un momento di svolta, dove le decisioni che verranno prese e le strategie che saranno messe in campo determineranno un decisivo rilancio o la permanenza nelle acque limacciose dell’immobilismo, con il rischio di perdere eccellenze e risorse.

Una grossa responsabilità grava sulle spalle di chi sarà chiamato a capo dell’Università nei prossimi sei anni, perché inciderà fortemente sul futuro dell’Ateneo e della Città.

Una partita importantissima, in particolare ora che Siena è impoverita dalla perdita della Banca e colpita da una profonda crisi che ha effetti sulle sue principali istituzioni.

Attualmente Siena è una città mortificata, che cerca con difficoltà di rimettersi in piedi. Una crisi morale, non solo economica, in cui si avverte un allentamento del contatto fra il tessuto cittadino e l’Università: manca una reale integrazione e un circuito virtuoso che riporti Siena e l’Università in un contatto creativo.

Università di Siena e città di Siena sono un binomio indissolubile che deve risorgere e trovare la forza di potenziarsi.

Questo è il senso profondo dell’incontro di stasera: siamo convinti che l’Università può fare moltissimo per la Città e viceversa. Siamo altrettanto convinti che la rinascita di Siena passi attraverso la cultura condivisa che ha come protagonista principale l’Università, che deve mantenere e potenziare le proprie eccellenze e non  deve perdere la propria autonomia politico-amministrativa e culturale.

Negli equilibri di potere e di “peso” complessivo delle università toscane, l’indebolimento dell’Ateneo senese può attivare operazioni predatorie esterne.

Cosa può chiedere la Città al futuro Rettore?

Di resistere a manovre esterne, di politica universitaria e non solo; di mantenersi strette le eccellenze, valorizzarle e potenziarle; di portare l’Ateneo senese ai vertici del panorama nazionale e internazionale; di riorganizzarsi al proprio interno; di legarsi al tessuto cittadino e fare cultura diffusa coinvolgendo le varie realtà della città; di coltivare culturalmente il tessuto sociale di Siena, per renderlo consapevole delle proprie reali potenzialità; di rompere lo stato d’assedio di una inerzia diffusa con una serie di sortite concrete in grado di attivare effetti a catena virtuosi;  di saper scegliere una classe dirigente illuminata; di operare per fare della cultura, della tecnologia e della scienza una forza economica di sviluppo e di crescita, stabilendo alleanze con le forze sane del territorio.

Lontani dalle vecchie logiche, dalle convenienze particolari. Lontano da quelle strategie che vorrebbero legare in qualche modo il risultato dell’elezione del Rettore alle prossime elezioni amministrative, perpetuando i bizantinismi politici rivolti a un mero equilibrio di poteri. Questo è il momento in cui dobbiamo chiederci: qual è il bene di Siena? Qual è il bene dell’Università?

Queste sono le domande che devono risuonare, direi quasi ossessivamente, in chi è chiamato a dare il proprio voto e in chi lo riceverà.

Per honore et utile della città di Siena, come si diceva nel Quattrocento. Per honore et utile della città di Siena e della sua Università.