Comincia così il primo dei tre racconti di Stefan Zweig che Skira raccoglie in un piccolo prezioso volumetto – intitolato appunto “Il mondo senza sonno” – che consiglio di cuore a tutti coloro che, particolarmente in questi mesi, si interrogano sulla Grande Guerra e sulle ferite che le tragedie della Storia lasciano sulle persone che a esse sopravvivono.
Che poi è il tema su cui mi sembra giri per intero la scrittura di Zweig, con la sua voce inquieta, evocativa, spoglia di ogni retorica. Si tratti de “Il mondo di ieri“, un titolo che dice già molto sulle amputazioni prodotte dall’ecatombe mondiale, così come della meravigliosa Novella degli scacchi, dove tutto – l’odio e la follia, la tragedi
a che si è consumata e la tragedia incombente – pare concentrarsi sulle sessantaquattro caselle bianche e nere di una scacchiera.
Zweig, lo scrittore che un giorno fuggirà dalla Germania delle leggi razziali ma che anche in Brasile sentirà l’orrore del mondo impazzito. Tanto che un giorno del 1942 metterà fine alla sua vita.
Sono da leggere questi racconti che invece ci portano dalle parti del primo conflitto mondiale, l’avvio del secolo breve della lunga guerra. Da leggere soffermandosi proprio su queste prime righe, sul sonno che non arriva in una notte d’estate, afosa, inquieta; su una notte della prima estate di guerra, quando ancora sono più i “si dice” che le certezze; su questo tempo dilatato, appesantito dai sogni, dalle premonizioni, dalle attese, complicato dai grovigli di un destino che forse altrove si sta decidendo.