Un’imbarcazione ecologica con ricercatori e strumenti scientifici per fare il giro del Mediterraneo e “acchiappare” le plastiche, mappandone la diffusione, studiandone gli effetti sugli animali marini, per progettare come ridurre la presenza di questi rifiuti. Si chiama “Plastic Busters” ed è stata ideata dal dipartimento di Scienze fisiche, della terra e dell’ambiente dell’Università di Siena e servirà per spianare la strada ad un futuro sostenibile.

Il progetto ha già ottenuto l’adesione di 30 enti di ricerca e istituzioni internazionali e si avvale di strumenti di analisi e procedure validate in numerose campagne di monitoraggio sulla salute degli animali marini. L’obiettivo è quello di fare una “fotografia” completa delle macro e microplastiche riversate nel Mediterraneo, con le loro conseguenze nefaste sull’ambiente marino e sulla salute della sua fauna. Il Mare Nostrum, essendo chiuso e densamente popolato, è infatti uno dei più contaminati dalla plastica al mondo. E’ previsto che la barca-laboratorio ecosostenibile viaggerà dalla Toscana fino a Gibilterra, poi verso la Tunisia, l’Egitto, la Grecia e, dopo tre mesi di navigazione, risalendo l’Adriatico approderà a Venezia. A bordo, un’équipe internazionale di ricercatori farà il campionamento  delle acque e, attraverso tecniche di autopsia che non comportano danni per gli animali, e sofisticate analisi eco tossicologiche, verrà controllato lo stato di salute delle specie “sentinella”: le balene, gli squali e le tartarughe, gli animali che per eccellenza subiscono i danni dell’inquinamento da plastica.

Lo studio Secondo i ricercatori dell’Università di Siena da tempo impegnati nel monitoraggio della salute degli animali e delle acque marine c’è troppa plastica nei mari. Nello stomaco di una tartaruga sono stati trovati, ad esempio, fino a 143 frammenti di plastiche di tutti i tipi. Dei 3 miliardi di rifiuti che invadono il Mare Nostrum, tra il 70 e l'80% è infatti costituito da plastiche che contaminano la fauna marina e la catena alimentare, fino al pesce che arriva sulle nostre tavole. Ricerca, divulgazione al pubblico durante le soste nei porti, creazione di relazioni istituzionali altri importanti obiettivi del progetto “Plastic busters”, che mira a concordare con tutti i Paesi del Mediterraneo strategie concrete per mitigare il grave fenomeno dell’inquinamento da plastica. Ma non sono solo pensate per il mare le “solution” che saranno presentate il 5 luglio, nel corso della conferenza internazionale First Siena Solutions Conference. Pannelli solari nelle aree rurali palestinesi, tetti che rimangono freddi e combattono il riscaldamento globale, eco materiali che preservano il fondale marino: sono alcune delle proposte concrete ed immediatamente realizzabili per migliorare la sostenibilità dello sviluppo nei Paesi del Mediterraneo, che saranno presentate accanto a “Plastic Busters”.

I progetti internazionali Tra le  38 proposte giunte attraverso una call internazionale da  Atenei, studenti universitari e singoli studiosi, le cinque solution selezionate – due presentate da studenti – riguardano in modo particolare la conservazione dell’ambiente terrestre, atmosferico oltre che marino, e intrecciano alla questione ambientale risvolti sociali ed economici.
Dalla Palestina, Marwan Haddad del Water and Environmental Studies Institute punta a migliorare la produzione agricola nelle zone rurali povere con l'introduzione di pannelli solari e utilizzo di biogas; Sebastiano Calvo e Filippo Luzzu dell'Università di Palermo, Biosurvey spin-off, utilizzando un sistema di plastiche biodegradabili recentemente brevettate, da posizionare sui fondali marini, ha l'obiettivo di ripristinare la Posidonia oceanica e l'ecosistema marino; Alessandro Galli del Global Footprint Network propone di combinare gli indicatori sull’impronta ecologica con altri parametri esistenti, come quelli sullo sviluppo umano di United Nations Development Program, per fornire basi di dati affidabili e condivisi, e massimizzare le potenzialità degli interventi di riduzione delle emissioni su vasta scala. Delle due solution presentate dagli studenti universitari, una riguarda la conservazione delle foreste in Sardegna, l'altra la mitigazione del riscaldamento globale attraverso tecnologie innovative. Il progetto di una studentessa dell'Università di Sassari, Matilde Silvia Schirru, ha come scopo la promozione di un “mercato di pagamenti” per l’uso dell’ecosistema della foresta di Ghirghine, nella provincia di Oristano. Le somme reperite da questo “mercato” tra soggetti pubblici e privati che “comprano” quote di consumo delle risorse, servirebbe a preservare e sviluppare la foresta. I “cool roofs”, tetti che hanno elevata capacità di riflettere la luce solare, sono al centro della solution presentata da Valentina Coccia,studentessa dell'Università di Perugia. Si propone di misurare l'impatto dell'utilizzo di questi tetti, che restando molto più freddi di quelli tradizionali contribuiscono a ridurre il riscaldamento atmosferico e permettono di limitare l'utilizzo di aria condizionata negli edifici.