E’ il 6 gennaio, l’orologio nella libreria di casa mia segna le 16 in Iran sono le 18,30. Entrambi ridiamo dello strambo fuso orario, sono due ore e mezza di differenza. Gli chiedo il perché della mezz’ora, “Gli iraniani amano distinguersi”, mi risponde sorridendo. Era mattina quando ho ricevuto il messaggio di Raffaele Mauriello che accettava la richiesta di intervista. Mauriello che ama definirsi “orgogliosamente avellinese”, è Assistant Professor alla Facoltà di Letteratura Persiana e Lingue Straniere dell’Università Allameh Tabataba’i di Teheran, docente anche presso la Facoltà di Teologia e Conoscenza Islamica e la Facoltà di Diritto e Scienze Politiche. L’unico straniero in cattedra all’università di Teheran è quindi un italiano. Ha sposato una persiana, dalla quale ha avuto una figlia, Lavinia, cittadina italiana perché chi nasce in Iran prende la cittadinanza del padre. Ha tradotto dal Persiano il codice civile iraniano. Vive in Iran, anche se spesso torna in Europa a tenere conferenze o presentare libri. In particolare passa lunghi periodi in Italia durante l’estate, per insegnare al Master di Geopolitica e Sicurezza globale presso l’Università della Sapienza di Roma. Mauriello è considerato uno dei maggiori studiosi del mondo islamico e tra i maggiori conoscitori occidentali dello sciismo, il principale ramo minoritario dell’Islam.
Raffaele Mauriello conosce bene anche la realtà americana. Il governo americano nel 1980 offrì la possibilità di studiare in America ai bambini terremotati dell’Irpinia che avessero avuto parenti negli USA. La sua famiglia ne approfittò ed il piccolo Raffaele frequentò le scuole elementari nel New Jersey. Poi l’Italia, il liceo, i primi due anni allo scientifico e poi il triennio al classico e poi a Roma, alla Sapienza per studiare lingue e civiltà orientali, dove ha imparato l’Arabo e poi il Persiano. Gli studi lo hanno portato prima a viaggiare e poi a vivere in Medio Oriente, una realtà che ama e che conosce molto bene.
Professore, dopo l’attentato alle Torri Gemelle ha temuto che la sua libertà professionale potesse subire conseguenze
“Guardi, le dico che quell’11 settembre ero a casa mia ad Avellino incollato alla televisione. Conoscevo le Torri Gemelle e ciò che esse rappresentavano per una intera generazione di americani, avendo io stesso fatto le scuole elementari nel New Jersey, la cui capitale allora era New York. A parte il grande dispiacere ho pensato che quanto stesse accadendo mi avrebbe portato più lavoro, per la mia conoscenza della lingua araba e del persiano”.
Oggi come allora le tensioni tra gli Stati Uniti e il Medio Oriente ritornano forti, come viene vissuto da voi occidentali a Teheran quanto sta accadendo negli ultimi giorni?
“Mettiamo in chiaro che l’uccisione del generale iraniano Qassem Soleimani per mano degli americani è un grave atto di violazione del diritto internazionale, al fronte del quale né l’ONU e né l’Europa si sono pronunciati. Se un paese musulmano avesse preordinato ed eseguito l’eliminazione di un funzionario militare occidentale i media americani ed europei avrebbero parlato di atto terroristico per giorni e giorni. Questo anzitutto spiega bene la disparità di reazione cui assistiamo. La gravità dell’accaduto è inaudita, le conseguenze indeterminabili, ad iniziare dal movente che non ha alcuna giustificazione strategica se non in un atto di pura prepotenza di Donald Trump”.
La vicenda riporta in superficie vecchi acredini, questioni che sembravano superate come la “crisi degli ostaggi”, ai tempi ella rivoluzione iraniana, quando il 4 novembre 1979 vennero rapiti 52 membri dell’ambasciata statunitensi, rilasciati 15 mesi dopo. E’ proprio vero che noi occidentali oramai viaggiamo con la testa rivolta al passato, che abbiamo perso il fascino per il domani
“Jimmy Carter a seguito della crisi diplomatica dovuta ai fatti che riferisce perse la campagna elettorale per il secondo mandato, probabilmente questo particolare sfugge a Donald Trump. Lo dico perché da più parti è stato teorizzato che la tensione contro l’Iran serva all’attuale presidente americano per compattare il consenso ed ottenere una comoda rielezione. Il riferimento alla vicenda del 1979 è chiaro, quando il presidente Trump minaccia di colpire 52 obiettivi tra militari, civili e culturali, è chiaro che per lui il tempo si sia fermato a 40 anni fa. Il problema è che non ne trae nemmeno insegnamento, perché la questione dell’ambasciata ha pesato negativamente sull’opinione pubblica americana di quei tempi, mettendo in evidenza la debolezza della diplomazia statunitense ed alla fine a pagarne le conseguenze fu il Presidente. La storia potrebbe ripetersi. A volte capita”.
L’Iran è stato determinate per la sconfitta dello Stato Islamico in Iraq e in Siria. Gli accordi per la diminuzione del nucleare lasciavano ben sperare che la tensione geopolitica dell’area Medio Orientale potesse calare, dopo questo pesante ventennio di guerre e terrorismo. Quali conseguenze si potranno avere ora dopo l’omicidio di Soleimani?
“E’ giusto dire che l’Iran abbia contribuito a sconfiggere lo Stato Islamico. Le azioni militari delle Guardie rivoluzionarie comandate da Qasem Soleimani sono state determinanti in Iraq come in Siria, dove erano presenti per effetto di accordi con i governi locali. Le conseguenze ora saranno incalcolabili. Soleimani era stato chiamato a calmierare la situazione in Medio Oriente, era a Bagdad per questo motivo diplomatico non per programmare attentati contro gli americani. Bisogna tenere anche presente che l’Iran è venti volte l’Iraq e l’Afghanistan, ha armi, cultura, è un grande Paese. Bisogna ragionare su fatti concreti. La Nato, che è la più grande organizzazione militare che abbia mai avuto l’umanità, è intervenuta militarmente in Afghanistan dopo le Torri Gemelle, ma dire che l’Occidente abbia vinto la guerra in Afghanistan mi pare alquanto esagerato, per quella che è oggi la situazione afgana e per quello che si immagina accadrà in futuro, quando le forze della coalizione andranno via. Analogamente si può dire dell’Iraq. In queste ore il Parlamento Iracheno ha votato l’espulsione delle forze statunitensi dal paese. Ora, se l’obiettivo della guerra contro l’Iraq era Saddam Hussein si può dire che sia stato raggiunto, ma diversamente, dire che la guerra in Iraq sia stata vinta mi pare altrettanto azzardato, non pensa?”.
Quindi lei sostiene che Afghanistan e Iraq siano teatri di sconfitte per gli occidentali?
“Parlano i fatti”.
Ci sono ipotesi di interessi petroliferi dietro l’uccisione di Soleimani, la scoperta di un nuovo giacimento da 53 miliardi di barili stimolerebbe appetiti
“L’Iran è il primo paese al mondo per risorse di gas ed è il quarto per risorse petrolifere. Insieme le due risorse fanno dell’Iran il paese più importante al mondo. E’ ovvio che ciò possa creare degli appetiti. Ma l’Iran è anche un paese molto giovane, con una istruzione media altissima, perché qua l’istruzione è garantita dallo Stato fino al dottorato di ricerca. Ci sono 4,5 milioni di studenti universitari, un livello di educazione altissima. In occidente si parla male della realtà iraniana che è molto diversa da quella immaginata”.
Un Paese così ricco di risorse minerali, socialmente istruito, eppure non pienamente sviluppato. Cosa determina questa discrasia?
“Quarant’anni di sanzioni americane. E’ questo e non altro a determinare quella che lei chiama discrasia. Pensi che Alitalia fino a Natale dello scorso anno aveva un volo diretto da Roma a Teheran che era molto affollato, oltre che comodissimo per noi italiani ed europei. Un volo che partiva quattro volte la settimana con aerei sempre pieni di cittadini di tutto il mondo, che faceva di Roma un hub per l’intero Medio Oriente. Bene, anzi male, perché gli americani hanno voluto che Alitalia sospendesse questa tratta. In luogo della quale hanno concesso un volo diretto da Roma per Washington, tra l’altro mai pieno come quello per Teheran. Vede, quando gli americani vogliono, nella loro sfera di ingerenza posso tutto”.
Che aria tira a Teheran in questi giorni, c’è paura? Cosa c’è da aspettarsi?
“No paura proprio no. Si respira rabbia e tristezza. Teheran è una megalopoli di 12 milioni di abitanti. Le masse riversatesi per le strade formano una folla letteralmente oceanica. Non solo nella capitale ma anche a Ahvaz, a Mashhad, la partecipazione è incredibile. Badi bene non si parla di manipolazione del regime perché tale è la partecipazione che sarebbe impossibile per chiunque organizzare una manifestazione pubblica di tali dimensioni. L’Iran reagirà in maniera diretta, non dichiarerà guerra, ma la morte del generale sarà vendicata. E’ un paese che ha la forza ed i mezzi per consumare la vendetta colpendo obiettivi militari americani e lo farà, questo è certo. Di conseguenza gli Stati Uniti si sentiranno in diritto di dare seguito all’escalation e quindi tutto potrebbe accadere. Al di là delle ovvie ripercussioni sul prezzo del petrolio, in queste ore ho avuto modo di confrontarmi con molti ambasciatori e funzionari europei e sono tutti molto preoccupati per le conseguenze”.
Il nostro Paese in questo quadro come è messo?
“L’Italia con la Germania è tra i principali partner europei dell’Iran. Questo dovrebbe indurci a riflettere. Inoltre c’è da ragionare sul fatto che l’Iran, solo negli ultimi anni, ha accolto oltre due milioni di afgani ai quali andrebbero sommati altrettanti iracheni e siriani. Sono stati accolti e inseriti nel sistema. A differenza della Turchia, dove i profughi vengono utilizzati come arma di minaccia nei confronti dell’Europa a partire proprio dalla nostra Italia. Cosa accadrebbe se l’Iran cominciasse a fare quello che da anni fa la Turchia? Questa è solo una delle ragioni per le quali noi, ovvero l’Europa, dovremmo essere i primi a contestare la politica dell’amministrazione Trump”.
Ciò non avviene, nel nostro immaginario collettivo gli islamici sono pericolosi invasori dai quali non viene nulla di buono, anche se poi l’Italia ha attraversato questo tempo indenne da attentati diretti
“La cattiva informazione rende un immagine distorta e sbagliata dei musulmani. Lei parla di un ventennio di guerre e terrorismo. Guardi che gli attacchi in Europa, penso al Bataclan o all’attentato di Londra del 2005, appartengono ad azioni compiute da musulmani di seconda e terza generazione europei. Un grande problema quale l’integrazione di questi giovani europei viene confuso con le tensioni geopolitiche del mondo musulmano. In Italia è stato diverso perché il flusso migratorio dei musulmani è partito più tardi che negli altri paesi europei, ciò ha significato minori presenze di masse di giovani di seconda e terza generazione. Poi c’è da aggiungere che gli italiani fanno ciò che i nostri governi non fanno, parlo di integrazione. L’italiano è un popolo di gente culturalmente aperta, che sostiene come fatto antropologico i processi di integrazione culturale. Nonostante la scarsità o l’avversità di politiche in tal senso”.
Professore, lei ha sposato una donna Persiana, ha una figlia e vive a Teheran. Come è vivere in Iran?
“Ho scelto prima di studiare e poi di vivere in Medio Oriente. Vivere a Teheran è affascinante, come dicevo è una megalopoli con 12 milioni di abitanti. Le iniziative culturali sono molte, ci sono mostre di pittura, iniziative teatrali e culturali continuamente. E poi la ristorazione, il cibo. Qua veramente i ristoranti sono sempre aperti. Pensi che amo frequentare il locale di un ragazzo iraniano che ha studiato architettura in Italia. Grazie al soggiorno nel nostro Paese ha potuto conoscere e apprezzare la cucina italiana, alcuni segreti culinari. Oggi questo ragazzo ha un ristorante di cucina italiana, e fa una pizza da paura. Guidare l’auto poi è un’altra esperienza esaltante. A me è andata bene perché essendo esperto di guida napoletana ero già abituato a tenere un certo stile. Pensi che qua a Teheran nel traffico se ne vedono di tutti i colori e a volte mi viene da pensare che dell’Iran parlano di regime ma mai che si vedesse in giro un vigile urbano, che so un poliziotto che facesse una multa. Mai!”.