Il 2012 annus horribilis del turismo nautico italiano: più che dimezzata la spesa dei diportisti, crollo di ormeggi, fatturato del settore a picco e una stima di oltre 10mila posti di lavoro persi tra addetti diretti e indotto nei porti. E' una fotografia a tinte scurissime quella scattata dal IV Rapporto sul Turismo Nautico, con la quale i protagonisti di settore prendono atto della sfida non vinta della crisi ma si impegnano a guardare avanti per il rilancio.

I dati del rapporto Curato dall'Osservatorio nautico nazionale, i numeri non lasciano tanti margini di interpretazione. Nel 2012 la spesa complessiva dei diportisti stanziali è scesa del 56% rispetto al 2009, passando da circa 1,1 miliardi di euro a poco più di 484 milioni di euro. Crollati anche i contratti di ormeggio annuali (-26%), gli ormeggi in transito (-34%), i ricavi di ormeggi a gestione pubblica (-39%) e il fatturato del settore charter (-21%). Fra il 2007 e il 2011 le immatricolazioni annuali sono calate del 60%, da 4.400 a 1.700. Male il fatturato produttivo: da 3,8 miliardi del 2007 a circa 2 miliardi nel 2011. I diportisti navigano molto meno ma l'offerta di infrastrutture portuali aumenta: del 9,6% fra il 2007 e il 2012 per un totale di 546 unità. Al primo posto c'e' la Sicilia con 89 infrastrutture, seguita dalla Sardegna (80) e dalla Liguria (53). Un aumento però legato a investimenti precedenti e a progetti pluriennali.

Necessario un salto culturale A lanciare l'allarme di settore Anton Francesco Albertoni, presidente di Ucina Confindustria Nautica, che al prossimo Governo chiede soprattutto un «salto culturale» che ridia «fiducia alle imprese» e che consideri la nautica «come uno dei comparti in grado di partecipare al rilancio del Paese». Come misure concrete Albertoni cita in primis «l'equiparazione della dell'Iva applicata nei porti turistici a quella degli alberghi» e «la defiscalizzazione degli investimenti negli stampi» per realizzare le barche.

Crisi ed eccessiva burocrazia Diportisti in fuga a causa principalmente della crisi, ma anche dalle barche status symbol. In particolare per la tassa di stazionamento, anche se poi modificata in tassa di possesso e per la recrudescenza dei controlli svolti da autorità diverse. L'eccessiva burocrazia, secondo il rapporto, grava per il 70% degli intervistati sulla costruzione di nuovi posti barca, mentre i controlli fiscali sulla clientela sono giudicati eccessivi per il mantenimento della clientela (51%) e per l'attrazione di nuovi clienti (35%).