Che cosa vuol dire tradurre? La prima e consolante risposta vorrebbe essere: dire la stessa cosa in un’altra lingua. Se non fosse che, in primo luogo, noi abbiamo molti problemi a stabilire che cosa significhi “dire la stessa cosa”. Ecco, comincia così il libro che Umberto Eco dedica a una delle attività più complesse e affascinanti, quella della traduzione. Attività che, mi sa, spesso diamo per scontata: acquistiamo quel libro americano, danese o cinese, ce lo portiamo a casa, ce lo leggiamo. A volte ci piace, a volte no. Ma qualunque sia il nostro piacere, e il nostro giudizio, poche volte ci viene in mente che in effetti non è stato scritto una volta, ma due volte.
Ed eccoci subito nel bel mezzo della questione. Subito, con le prime righe di Eco. Cosa vuol dire tradurre? La risposta è già nello stesso titolo del libro pubblicato qualche anno fa da Bompiani: “Dire quasi la stessa cosa”. Con quel quasi che concentra tutta la fatica, il mistero, il fascino della traduzione.
Cosa c’è dentro questo quasi? Come si misura? Significa che ogni traduzione è un insuccesso? O un’affermazione di creatività?
Non mi avventuro a raccontarvi le tante cose che Eco spiega in questa opera, non facile, certo, ma intrigante anche per i non addetti ai lavori.
Però se vi incuriosisce sapere “ciò che c’é dietro” a ogni libro, questo è un libro che fa per voi. E di quel “quasi” difficilmente riuscirete a liberarvi.