Il piacere della lettura è assimilabile per certi aspetti a quello della musica. Se ad esempio ascoltiamo l’Arte della fuga di Johann Sebastian Bach sussistono almeno due livelli di coinvolgimento. Uno puramente emotivo, per come le note suonino (evochino) in maniera tanto perfetta e sorprendente. L’altro più “consapevole”, poiché magari si riesce a comprendere (per lo meno a intuire) il complesso disegno della partitura che a detta di alcuni sarebbe addirittura riconducibile a principi pitagorici.
Così è di un romanzo. Talvolta la storia in sé è sufficiente ad appagarci. Ma ancor di più resteremo catturati se di quel racconto si intenderà la struttura, gli escamotages narrativi, il lavorio di scrittura che vi sta dietro.
Potrà essere interessante a questo proposito leggere il libro di James Wood (docente di letteratura ad Harvard e firma di spicco del New Yorker) che nella traduzione italiana (Mondadori) si intitola Come funzionano i romanzi. Breve storia delle tecniche narrative per lettori e scrittori. Uno studio sulle tecniche della narrazione, dalla Bibbia a John Le Carré, da cui ricavare quasi una storia alternativa del romanzo. E non di meno un manuale per smontare e riassemblare la macchina narrativa nei suoi diversi aspetti: intreccio, personaggi, dialoghi, metafore, esaltazione dei dettagli, realtà e realismo, compostezza a-sentimentale, stili e convenzioni letterarie. Sostiene Wood che da giovani non si è ancora letto abbastanza perché la letteratura ci abbia insegnato a leggere davvero la letteratura. In età giovanile si è, infatti, lettori mediocri, colpiscono (e vi cerchiamo approvazione) dettagli, immagini e metafore che magari sono banalissime, a discapito di altre meravigliose.
Anche Italo Calvino (nella foto) era giunto a queste conclusioni, bene argomentate sulle pagine di Perché leggere i classici, pubblicate postume nel 1991, in cui fra le altre cose affermava che le letture di gioventù risultano spesso poco proficue, poiché modelli e valori che possono essere percepiti non trovano ancora del tutto formati i meccanismi interiori dell’individuo, i suoi comportamenti inconsci che, invece, nella maturità consentono una lettura in profondità, fra le righe, attraverso allegorie e metafore.
E’ in ragione di tutto ciò che i libri vanno a formare in noi una visione del mondo. E non a caso – sarà sempre Calvino a dirlo – si chiama classico un libro che lungo il tempo “ci dà conferme” e che si configura come “equivalente dell’universo”. Ecco allora perché il piacere della lettura diviene anche piacere (spiegazione) della vita.