Firenze e Sinalunga (Siena) sono lontane solo 100 chilometri l'una dall'altra, più o meno. Le città natali rispettivamente di Matteo Renzi e Rosy Bindi non distano tantissimo tutto sommato. Politicamente, però, sono due poli opposti, sebbene si trovino nello stesso schieramento. Sfruttiamo la geografia locale per descrivere il botta e risposta radio-televisivo andato in scena oggi tra il fiorentino Matteo Renzi e la sinalunghese Rosy Bindi e che ha animato l’ennesimo scontro all’interno del Partito Democratico nazionale, diviso da anime diverse che si contrapporranno alle prossime primarie, quella “renziana”, appunto, e quella “bersaniana”.
Tre motivi per superare Bersani Il sindaco di Firenze Renzi, intervenuto prima a Radio Toscana e poi a Radio 24, ha chiamato a raccolta le fasce tricolori italiane, i sindaci, per arrivare ad essere il candidato-premier del Pd. «In un momento nel quale i dirigenti nazionali hanno fatto vedere quello che sapevano fare, secondo me molto meno di quello che potevano fare, ora tocca ai sindaci esprimere una qualità e una competenza totalmente diversa. Noi sindaci – ha proseguito il primo cittadino di Firenze – siamo in condizione di conoscere come la burocrazia deve essere cambiata o, in alcuni casi, “rasa al suolo”. Io avrei tutto l'interesse a stare fermo e buono, ma è il momento di mettersi in gioco e di tirare il nostro calcio di rigore. Noi siamo capaci di rischiare».
Il rilancio sulle primarie A proposito dell’annoso tema delle primarie invece, Renzi ha ribadito che saranno una «partita vera» e che forniranno anche «l'occasione in cui sceglieranno i cittadini e non i segretari di partito. Non vogliamo rottamare le carriere – ha concluso Renzi -, anche se visto che sono stati 20 anni in Parlamento e hanno fallito una “riflessioncina” andrebbe fatta. È tempo di rottamare le idee. Se poi perderò le primarie tornerò a fare il sindaco a Firenze, non cambierò casacca – ha concluso il “rottamatore” smentendo la possibilità di un suo ipotetico passaggio a Italia Futura con Montezemolo -. Non sopporto chi perde e porta via il pallone».
La risposta «Sono d'accordo con le primarie, ma con questa competizione si sta rischiando una divaricazione artificiosa che può mettere in difficoltà, o quanto meno rischia di non rafforzare l'identità pluralista del Pd». È stata questa la risposta di Rosy Bindi che ha parlato ad Omnibus in onda questa mattina su La7. «In questa vicenda delle primarie si rischia di indebolire il Pd o addirittura di snaturarlo – ha spiegato la Bindi – perché siamo entrati in una competizione nella quale si stanno estremizzando le posizioni e dove inevitabilmente Bersani sta assumendo una certa configurazione rispetto a un competitore come Renzi. Insomma c'è troppo rosso. Penso che un po' di più di tricolore e di variazione cromatica renderebbe meglio l'idea che questa battaglia la stiamo facendo come Partito Democratico. Temo invece che ci sia un rafforzamento di quell'identità dell'originario partito della sinistra italiana Pc-Pds-Ds".
Sindaci pro-Renzi per rottura con il passato «Molti esponenti, soprattutto con incarichi amministrativi che hanno una storia diversa da quella del Pci-Pds-Ds, si stanno schierando con Matteo Renzi. Non perché siano convinti dalla sua proposta, anzi alcuni di loro sono antropologicamente opposti a lui e alle sue problematiche, ma perché interpretano tutto questo come una sorta di bilanciamento e rottura – ha proseguito così il presidente del Pd Rosy Bindi ospite di Omnibus – non è detto quindi che questa competizione faccia bene al Pd. Lo sarà se il Pd che va a governare è quello che mantiene la sua ambizione di una nuova sintesi tra i riformismi italiani, altrimenti se c'è il rischio di rientrare dentro una superata impostazione socialdemocratica progressista, vinceremo ugualmente le elezioni, ma non è detto che saremo capaci di tenere insieme una coalizione così ampia o che saremo capaci di portare in Europa e in Italia – conclude Bindi – quella sintesi che fino ad ora non c'è stata».