Tornerà in funzione alla fine dell’anno l’Acquedotto Vasariano di Arezzo. A darne notizia è proprio la Fraternita dei Laici, l’antica istituzione aretina proprietaria dell’opera. Con la riapertura dell’acquedotto, dopo quattro anni di inattività, tornerà a zampillare anche l’antica fontana di Piazza Grande, situata a fianco del ’abside della pieve di Santa Maria. Per tornare nel pieno delle sue funzioni l’acquedotto ha bisogno di alcuni interventi di restauro che partiranno a fine giugno. La cifra stanziata dalla Fraternita dei Laici è di 350mila euro. Nella giornata di martedì insieme all’ufficio manutenzione del Comune di Arezzo, la Fraternita dei Laici ha operato la prima verifica strutturale della funzionalità dell’acquedotto. Per ricostruire la storia di questa opera simbolo della città di Arezzo, e raccontare i nuovi progetti culturali che la riguardano, agenziaimpress.it ha incontrato il Primo Rettore della Fraternita dei Laici, il professore Pierluigi Rossi.
Qual è lo stato di salute dell’Acquedotto Vasariano?
«Ieri ho voluto vedere con i miei occhi e fare una bella ispezione. Abbiamo fatto la prova di massimo carico idrico e i risultati sono stati soddisfacenti. L’acqua è abbondante, il flusso è costante e l’acquedotto ha un’ottima tenuta lungo tutto il suo percorso. Vedere zampillare la fontana in Piazza Grande dopo quattro anni di inattività è stata un’emozione. Su uno degli archi dell’acquedotto però c’è un versamento, è visibile anche ad occhio nudo. Interverremo su questo e su tutta la struttura».
Può aiutarci a ricostruire la storia di questa opera architettonica simbolo della città di Arezzo?
«L’acquedotto non è in realtà un’opera del Vasari, ma costruita in contesto vasariano dalla Confraternita dei Laici. È una delle sette grandi opere di Misericordia volute dalla Confraternita per dare da bere agli assetati della città. All’epoca non c’era acqua corrente in Arezzo. Solo i nobili avevano dei pozzi nei loro palazzi. La cittadinanza poteva disporre solo di alcuni pozzi civici. Tra la fine del ‘500 e l’inizio del ‘600 si diede inizio a questa grande opera. Nel 1602 arrivò finalmente l’acqua corrente in Piazza Grande e fu una festa per tutta la città. Per funzionare l’acquedotto sfrutta la posizione e il tipo di inurbamento di Arezzo. Prende l’acqua dalla zona di Cognaia appena fuori Arezzo e dall’apice della collina del Prato, dove la Fortezza Medicea sovrasta Arezzo, scende per tutto il centro storico fino al canale Castro. All’epoca, portare l’acqua corrente significò permettere lo sviluppo di tutte le attività artigiane e commerciali della città. L’opera si sviluppa tutta in sotterranea, tranne per i 330 metri di Archi Vasariani che portano l’acqua direttamente nel cuore della collina di Arezzo».
La riapertura dell’Acquedotto Vasariano si presta alla progettazione di nuove iniziative culturali. Avete già qualche progetto in cantiere?
«Questo recupero totale della funzionalità dell’Acquedotto Vasariano, opera di misericordia della Confraternita, viene compiuto nell’anno del Giubileo della Misericordia e questo non è un caso. Non lo si può banalmente rappresentare con l’immagine della fontana di Piazza Grande che torna a zampillare perché è molto di più: è un richiamo per gli aretini tutti agli antichi valori che animano la cittadinanza. Questa opera sarà al centro di nuove iniziative culturali che partiranno proprio da Piazza Grande. Il tombino situato davanti al Palazzo di Fraternita è in realtà una porta. Un accesso ad un percorso sotterraneo percorribile a piedi lungo qualche centinaio di metri che arriva fino agli Archi. Vogliamo aprire questo passaggio e guidare cittadini e turisti alla scoperta di questo monumento che nel silenzio e sotto terra ha cambiato il volto della città di Arezzo».