Forse è sfuggito a qualcuno, ma questo è un Palio dei record. Prima di Giovanni Atzeni detto Tittia solo un fantino nel diciannovesimo e nel ventesimo secolo era riuscito a vincere cinque palii raggiunti i 30 anni di età. Per farvi capire la portata dell’impresa di Tittia, Luigi Bruschelli detto Trecciolino con le stesse primavere era arrivato primo al bandierino in due occasioni, Andrea Degortes detto Aceto aveva raggiunto la quinta vittoria nello straordinario di settembre dell’anno precedente. Quindi giocando a fare i paragoni possiamo dire che a trent’anni Tittia si dimostra nettamente superiore a Trecciolino e leggermente inferiore ad Aceto, insomma una carriera strepitosa (per dovere di cronaca a quell’età Bruschelli aveva corso 15 palii, Degortes 20 e Atzeni 24, ndr).
La sua vittoria nella Selva ha poi un sapore particolare, per l’unirsi di vari ingredienti: la sua rivincita personale dopo la Carriera di luglio, la sua determinazione nel valorizzare la fiducia della Selva (terzo palio corso in Vallepiatta in due anni con Quit Gold, Istriceddu e Polonski, ndr) e la sua volontà nel ristabilire i conti con Andrea Mari detto Brio. Cinque a cinque e cavallo al canape si potrebbe dire, con un’importanza strategica notevole per impostare le prossime carriere. La scelta di correre nella Selva era stata giudicata da molti la più comoda per l’assenza della rivale e per aver evitato giubbetti pesanti come quelli di Oca, Nicchio ed Istrice. Il tufo ha dato il suo responso che non ammette repliche: Tittia ha avuto ragione e può guardare al futuro con grandi ambizioni, guardando magari alle statistiche con le quali abbiamo iniziato questo articolo. Per il fantino nato in Germania, cresciuto in Sardegna e diventato uomo a Siena a tal punto da prenderne anche un po’ di inflessione dialettale, la maglia con le cinque dita indossata ieri sotto il giubbetto della Selva può tranquillamente essere ripiegata in un cassetto.