Avevano programmato l’attività fino al 2027, tre fratelli finiti in manette che avevano escogitato una truffa basata su falsi testamenti olografi, che li portava a intestarsi terreni e immobili non solo in provincia di Lucca, ma anche a Pisa, Livorno e Massa Carrara. Scoperti dai Carabinieri, i tre devono adesso rispondere dei reati di associazione per delinquere finalizzata a falsità ideologica commessa da privato in atto pubblico, falsità ideologica commessa da pubblico ufficiale in atti pubblici, falsità in scrittura privata, falsità di documenti equiparati ad atti pubblici, falsa attestazione o dichiarazione a pubblico ufficiale sull’identità o qualità personale proprie o altrui, truffa aggravata, riciclaggio, impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita. A illustrare i dettagli dell’operazione svolta dai Carabinieri sono stati il maggiore Giorgio Picchiotti (comandante della Compagnia di Castelnuovo), il capitano Edoardo Cetola (comandante della Compagnia di Viareggio), il luogotenente Giuseppe Alaimo (comandante della Stazione di Forte dei Marmi) e il luogotenente Giuseppe Lucchesi (comandante della Stazione di Gramolazzo).

Le indagini A far scattare le indagini, svolte dai carabinieri inizialmente solo della Versilia, per poi ampliarsi anche alla Compagnia della Garfagnana, è stata, a novembre 2017, una denuncia ai militari della Stazione dei carabinieri di Forte dei Marmi: un uomo ha deciso di vendere un proprio terreno e, al momento della stipula del contratto, ha scoperto che quel terreno non era più intestato a lui e questo era accaduto sulla base di un testamento olografo, che aveva permesso la voltura della proprietà all’Agenzia delle Entrate di Lucca nel catasto. I Carabinieri hanno subito capito che c’era qualcosa di più sotto quella che poteva sembrare un semplice errore e hanno aperto delle indagini che li ha portati a verificare che il nuovo ‘proprietario’ del terreno era un parente dei tre fratelli, residenti a Minucciano. Sono così scattate le prime perquisizioni alle abitazioni dei tre che hanno immediatamente portato alla luce un bel po’ di materiale già predisposto per stilare falsi testamenti olografi.

Il filone garfagnino Mentre i Carabinieri della Compagnia di Viareggio stavano ricostruendo il giro di testamenti che riguardava il loro territorio, a dicembre 2018, i militari della Stazione di Gramolazzo sono stati contattati da un ragazzo di origine albanese, in Italia da molti anni e che era stato adottato da un uomo di Minucciano, venuto a mancare poco tempo prima, all’età di 87 anni. Il ragazzo, infatti, era stato chiamato da un notaio che gli aveva notificato un testamento olografo dell’anziano, secondo il quale erede unico dei beni – immobili e terreni – sarebbe stato un uomo di Piazza al Serchio (denunciato poi dai carabinieri, ma al quale non è stata contestata l’associazione a delinquere) e non lui, come invece era stato detto e indicato dall’anziano deceduto. Il giovane, però, non ci sta e si rivolge ai carabinieri. E’ così partito un filone garfagnino dell’inchiesta che ha evidenziato come l’uomo fosse legato ai tre fratelli di Minucciano e il pm che ha diretto le indagini, Enrico Corucci, ha unito le due indagini, andando così a delineare un quadro ben più ampio di quello che era apparso inizialmente.

La truffa dei testamenti fasulli I tre fratelli garfagnini un 53enne e un 51enne disoccupato e un 41enne di professione ‘consulente’, tutti e tre pregiudicati, avevano messo in piedi un’organizzazione che vedeva come ‘capo’ il più giovane dei tre, che individuava terreni e immobili ‘appetibili’, mentre uno era quello che materialmente fabbricava i finti testamenti: secondo i carabinieri aveva in casa una vera e propria ‘tipografia’ per confezionare i documenti che attestavano le ultime volontà di un caro estinto probabilmente mai conosciuto prima. Si occupava anche di organizzare le varie operazioni di voltura e dava le indicazioni ai complici: secondo gli inquirenti, tra il 2017 e il 2019, i tre sono riusciti ad effettuare le volture catastali di decine e decine di beni immobili a loro favore, per un giro di alcuni milioni di euro. Per individuare i terreni da ‘ereditare’ i tre si avvalevano di materiale tecnico e, perfino, di aerofotogrammetrie: individuato il terreno, il proprietario e una qualsiasi relazione, entravano in azione, inserendosi nell’asse ereditario, o inserendovi personaggi a loro legati, come l’uomo di Piazza al Serchio o la donna, di origine russa, compagna di Giancarlo Canozzi (indagata perché sempre presente agli adempimenti con i vari notai), o, ancora, la madre della compagna di Giancarlo (intestataria di un terreno a Livorno). Fondamentale affinché questa truffa fosse efficace era riuscire a vendere i beni prima di arrivare alle pratiche di successione, in modo da non dover fare i conti con l’Agenzia delle Entrate, che avrebbe effettuato dei controlli.

Terreni e case anche nelle province vicine I tre non si sono limitati alla provincia di Lucca, ma hanno ‘allungato le mani’ anche su beni immobili a Livorno, Massa Carrara e Pisa. In particolare, a Pisa si erano intestati una casa nel centro della città: l’appartamento era praticamente già stato venduto per 250mila euro e dovevano riscuotere una caparra di 30mila euro di cui avevano già avuto un anticipo di mille euro, quando, però, sono andati a visitarlo hanno avuto la brutta sorpresa di scoprire che il reale proprietario lo aveva già affittato a degli studenti di origine brasiliana e, quindi, sia compratore che proprietario hanno voluto vederci chiaro ed è venuto fuori che, anche questa casa, rientrava in quelle ‘ereditate’ dai tre fratelli.

La curiosità Uno dei tre fratelli, il più giovane è stato candidato alla carica di sindaco nel 2009 per la lista civica ‘Rialzati Minucciano’: in quell’occasione prese 31 voti a fronte dei 1012 voti raccolti da Domenico Davini, della lista Uniti per Minucciano, che, in quella tornata elettorale, venne eletto primo cittadino.