Nel Chianti è tempo di vendemmia, di splendidi colori e di profumi che ti ammaliano, un momento di festa, di convivialità. In questi giorni di grande fermento ho voluto scambiare quattro chiacchiere con Elena Gallo un’imprenditrice di successo, proprietaria, insieme al marito Mario, della splendida Fattoria di Corsignano. Si tratta di un’azienda vitivinicola biologica di 22 ettari nel Chianti Classico Gallo Nero con un agriturismo curatissimo, ma i fiori all’occhiello sono le degustazioni, i corsi di cucina e tante altre attività che organizzano in maniera impeccabile e permettono di tramandare “il sapere” dei vecchi vignaioli e le ricette di cucina delle nostre nonne. Elena Gallo dal 2015 ha raccolto anche una nuova importante sfida: è presidente del Classico della Berardenga un’associazione che riunisce la quasi totalità dei produttori di Chianti Classico del Comune di Castelnuovo Berardenga.
Quanti anni sono che hai iniziato l’attività e quale è stata la scintilla che ti ha fatto scegliere questa vita?
«Vuoi un american story tell o vuoi la Storia? Questa è la Storia! Nel 1988, Teresa, mia mamma ha acquistato l’azienda. Non era destinata propriamente a me ma a mio fratello agronomo. Io ero proiettata su altri lidi e altre sponde, Firenze, giornalismo, Parigi, Ecole de science Po e organismi internazionali… ma, come spesso avviene nelle famiglie mi sono trovata dal 1992 ad aver cura di Corsignano. Corsignano è stato un amore a prima vista. Non pensavo che fosse così tanto nelle mie corde, ho sempre amato la natura, mettermi in gioco e creare. Fattoria di Corsignano è stata per me una creazione, che ho forgiato nel tempo e che mi ha forgiato. Non ho propriamente scelto questa vita direi piuttosto che Lei ha scelto me. Non posso direi che all’inizio ero brava, esperta. Non lo ero, mi sentivo smarrita, avevo 25 anni, chiedevo a tutti e cercavo di acquisire dagli altri, sono stata un’ottima “demanding” e ho avuto la fortuna di aver intorno a me persone che mi volevano bene e volevano farmi crescere. Ero entusiasta e piena di energia – lo sono ancora ora- sicuramente titubante – ora molto, molto meno. Ho iniziato con il turismo, che metteva in luce le cose in cui ero più forte. La conoscenza delle lingue e la capacità organizzativa e poi, non lo nego, il turismo ha sempre avuto una più elevata capacità remunerativa rispetto all’agricoltura. Quindi inizialmente ho investito nel turismo e questo mi ha permesso nel giro di pochi anni di investire anche nell’agricoltura, riprendendo in mano i vigneti che inizialmente avevo dato in affitto. Il giro di boa per la mia vita e quella di Corsignano è stato quando ho conosciuto Mario insieme abbiamo fatto squadra e creato tante cose. Insieme con perseveranza, pazienza e passione ci siamo dedicati a questa azienda e abbiamo fatto di essa una ragione della nostra vita».
Come ti definiresti?
«Cittadino della Terra, la terra intesa come quella che accoglie le tue radici e ti fa sentire un forte legame e tutt’uno a Lei, cittadino di Corsignano perché Corsignano mi ha ospitato per tutti questi anni e mi ha dato molto. Cittadino, perché mi sento una privilegiata e perchè spesso mi chiedo: “cosa posso fare per questa terra?».
Secondo te il mondo del vino dove deve andare? Quale percorso deve fare per guardare al futuro?
«Scelte qualitative e d’identità del territorio, sensibilità a prodotti genuini. Io cerco qualcosa di buono, di genuino, di autentico».
C’è stato un momento in cui hai detto basta e avresti voluto mollare tutto?
«Tante volte, la vedevo veramente bassa ma poi mi giravo intorno e vedevo anche il piacere di viverla, di esserci. Sono sempre stata innamorata della Fattoria di Corsignano e come in tutte le relazioni d’amore durature molte volte avrei voluto “to give up” ma il legame a questo pezzetto di terra mi diceva che io non ero vittima ma artefice, colei che sceglie e come tale potevo sempre sentirmi libera di creare».
Raccontaci una cosa per cui sei orgogliosa della tua azienda.
«La crescita che ha avuto, i frutti che venivano rinvestiti e che mi rendevano orgogliosa e contenta di contare solo su questi. I goals raggiunti. I legami creati».
Ora sei anche presidente del Classico della Berardenga, quali obbiettivi ti sei data in questa nuova sfida, in questo ruolo di rappresentanza e responsabilità che ricopri?
«Beh quando ho cominciato quest’esperienza mi sono detta che mi sarei sentita di successo fintantochè quello che stavo facendo mi avesse dato gioia e non peso. Volevo creare gogliardia in primis, creare legami, legami con la terra, tra i produttori. Volevo che i singoli si sentissero parte di una squadra, Classico Berardenga deve essere un valore aggiunto, un sostegno, un punto di riferimento, un confronto. L’intento dell’associazione è dar voce alla propria terra ed ai suoi vini, ricercare ciò che è stato, esaltare ciò che è, e curare ciò che sarà senza mai perdere di vista gli artefici».
Quanto è importante in un momento così delicato fare squadra? O vincono sempre e comunque i capitali e le individualità?
«Constatare se vincono sempre i capitali e l’individualità poco mi importa se non quando sono demotivata. I capitali aiutano ma bisogna vedere chi ci sta dietro. Credo molto nella squadra e nelle persone e nella squadra ci possono essere grandi capitali e piccoli capitali ed individui ed ognuno con le sue peculiarità può essere determinante». «My wine neighbor is not my competitor but rather my ally!!» Un giorno ho letto questa frase in un blog di Diana Lenzi, Fattoria di Petroio, mi è piaciuta tanto e vorrei che noi proprietari terrieri ci riconoscessimo sempre di più in questa alleanza».