Esempio principe dell’architettura rinascimentale, Pienza è uno dei borghi storici più belli d’Italia, patrimonio dell’Unesco dal 1996. Sul modello della “Città ideale”, è stata completamente riprogettata nella seconda metà del quattrocento dall’architetto Rossellino, allievo di Leon Battista Alberti, per volere di Enea Silvio Piccolomini, già Papa Pio II, che fissò qui la sua dimora. Nel corso dei secoli Pienza è rimasta intatta, conservando la bellezza che ne ha fatto una meta artistica di fama mondiale.
È in questo contesto straordinario che si trova il ristorante La Terrazza del Chiostro, proprio a fianco della piazza principale, nell’ex monastero quattrocentesco di San Francesco, in cui fu celebrata la prima messa di Papa Piccolomini, e che nel corso della storia ha testimoniato le alterne vicende della cittadina. In epoche recenti il monastero è stato un seminario arcivescovile annesso alla chiesa di San Francesco, dismesso poi negli anni 50, e divenuto circolo Acli negli anni 80, finché la curia ha deciso di affidare la gestione dei locali a privati, da cui sono sorti il ristorante e il Relais Il Chiostro.
Dal 2003 il ristorante è nelle mani di Maurizio Abbate (ora affiancato dal socio Paolo Varrale), imprenditore nel settore della ristorazione, di origini campane. «Sono nato e cresciuto a Maiori, nella Costiera Amalfitana, ma a 16 anni sono partito per l’Inghilterra per lavorare in un ristorante, e successivamente sono giunto in Toscana, in cui ho poi ho deciso di fissare la mia dimora e le mie attività (oltre al ristorante ho recentemente aperto anche una pizzeria, Pummarò, sempre nel centro di Pienza)», racconta Maurizio.
Nel corso di questo decennio sono state apportate alcune modifiche agli interni, in cui sono stati introdotti elementi decorativi e dettagli cromatici più moderni, pur mantenendo in toto la struttura originaria. «Il colore bronzo delle pareti rimanda alla terra di Siena, le sedie in plexiglas della Bonaldo alleggeriscono l’ambiente e formano un armonioso contrasto con il legno e l’acciaio. I portali in legno (uno appeso a una parete, l’altro riadibito come tavolo per lo chef’s table, e rivestito da un piano di vetro) li ho portati con me da Maiori, erano le porte della casa di mia nonna, un cimelio della mia infanzia a cui sono molto legato».
Il giardino antistante, che d’estate viene arredato con tavoli e sedie e un cocktail bar, è l’ex orto dei frati, ed è il secondo giardino pensile di Pienza, oltre a quello del Palazzo dei Papi. L’affaccio sulla Val d’Orcia, con il monte Amiata e la collina di Montalcino sullo sfondo, lo rendono un unicum e danno un valore aggiunto alla bellezza del ristorante.
Il nuovo corso de La Terrazza del Chiostro prende le mosse nei primissimi mesi del 2017, grazie all’arrivo dello chef Alessandro Rossi che Maurizio conosce già da qualche anno e di cui ammira la bravura e creatività. Una proposta completamente rinnovata, all’insegna dell’incontro tra la ricca tradizione del territorio e la cucina contemporanea, supportato da grandi materie prime.
Classe 1991, Rossi è uno chef che, nonostante la giovane età, può già vantare una carriera di successo.
Dopo gli studi all’alberghiero di Chianciano Terme (Si), compie importanti esperienze professionali a Firenze con Filippo Germasi, con Dal Degan, e con Stefano Ciavatti di Da Fino. All’inizio del 2015 torna a Firenze, alla Leggenda dei Frati, come socio di Filippo Saporito prima a S.Giovanni d’Asso e poi nella prestigiosa location di Villa Bardini, nel centro di Firenze. Un anno e mezzo fondamentale per la crescita di Alessandro che assimila e si affranca dalla lezione dei suoi maestri costruendo un percorso proprio improntato sulla tradizione, con influenze classiche e forti venature creative, concentrato sulla ricerca di forme e consistenze e materie prime eccelse.
Con l’arrivo della prima stella Michelin, a novembre 2016, lo chef, attratto dal corteggiamento di Maurizio Abbate che gli propone di guidare la cucina della Terrazza del Chiostro, decide di intraprendere questa nuova ambiziosa avventura.
Il menu approntato, che coniuga territorio e debordante fantasia, scevra dalle mode, propone tre degustazione oltre alla carta: Il Cacio di Pienza, 4 portate a base di formaggi a 50 euro; il 100% Toscano con 6 portate a 75 euro; lo Chef’s Table con 9 portate a mano libera a 125 euro.
Tra i piatti più significativi il Rognone di coniglio, spuma di patate, elicriso e caramello salato al frutto della passione, che insieme al Club sandwich di fegato, a base di parfait di fegatini di pollo, pane ai 5 cereali, formaggio raveggiolo di Pienza, uovo di quaglia, maionese, polvere di pomodoro e semi, sono due dichiarazioni d’amore per questa terra e per il quinto quarto, in cui chef Rossi dimostra di saper giocare in perfetto equilibrio tra passato e presente.
Da non perdere anche la rivisitazione della Cacio e Pepe, realizzata con un brodo di pepe, raviolini di pecorino, fave e cialda di pecorino e pepe.
Un omaggio alla terra partenopea di Maurizio Abbate è il Picio con estratto di cime di rapa, cremoso di pecorino e salsiccia, a riecheggiare la salsiccia e friarelli, passando per la Pizza liquida, un ottimo amuse bouche a base di acqua di pomodoro, mozzarella di bufala e briciole di pane croccante.