L’invaso di Gorazzaio, noto come il Lago di Londa, nel Fiorentino, sottoposto a sequestro preventivo e il sindaco di Londa, insieme a un dirigente e un tecnico dell’Unione di Comuni Valdarno Valdisieve, indagato per concorso in illecito smaltimento di rifiuti speciali, danneggiamento di bellezze naturali e adulterazione di acque destinate ad essere attinte per uso potabile. E’ questo il risultato di un’indagine del Corpo Forestale dello Stato che, si spiega in una nota, stamani ha eseguito il decreto di sequestro, disposto dal Gip su richiesta del Pm fiorentino Giuseppina Mione, nell’ambito di un’inchiesta relativa allo svuotamento dello stesso invaso, avvenuto il 14 giugno scorso, intervento eseguito dall’Unione dei Comuni e dall’amministrazione di Londa.
1000 tonnellate di fanghi Lo svuotamento, si spiega ancora, avrebbero causato la fuoriuscita di un ingente quantitativo di fanghi pari a circa 600 metri cubi equivalenti a non meno di 1000 tonnellate, con conseguente morte della fauna ittica nel torrente Racine, un’alterazione ambientale del torrente Moscia e anche delle caratteristiche delle acque del fiume Sieve. I «maggiori effetti» si sarebbero poi manifestati «presso l’impianto di potabilizzazione di Publiacqua» a Pontassieve: «I valori delle acque prelevate dal fiume Sieve sono stati alterati al punto di presentare un elevato inquinamento microbiologico, elevata torbidità e rilevanti concentrazioni di ammoniaca, nitriti e ferro, tali da indurre i tecnici di Publiacqua ad effettuare appositi trattamenti di potabilizzazione dell’acqua prelevata al fine di rendere la stessa nuovamente idonea per essere immessa nella rete acquedottistica e quindi per l’uso umano». Il sequestro dell’invaso è poi scattato perchè, stando alle indagini, nell’invaso sarebbero ancora presenti sedimenti con valori di idrocarburi in quantità superiori alla legge e ciò «non consente la loro futura allocazione all’interno del fiume Arno», come invece previsto nel progetto di svuotatura.
Tutto è partito da un esposto dei cittadini Gli accertamenti, eseguiti dalla sezione di Pg della Forestale e dai colleghi di Rufina con la collaborazione di Arpat, sono scattati dopo un esposto presentato dai cittadini che segnalavano la presenza di ingenti quantitativi di sedimenti e fanghi nel torrente Moscia. Gli investigatori hanno poi verificato che la ‘vuotatura’ del lago era stata eseguita nell’ambito di un intervento per il quale l’Unione dei Comuni, su incarico del Comune di Londa, «aveva predisposto apposito progetto autorizzato dalla Provincia di Firenze e finanziato dalla Regione Toscana con fondi destinati alla difesa del suolo e finalizzato alla rimozione di circa 12.700 mc. di sedimenti, da allocare nell’alveo del fiume Arno in corrispondenza della località Le Gualchiere» a Bagno a Ripoli. Ma le indagini avrebbero accertato che «le operazioni di apertura erano state compiute in data antecedente al rilascio dell’autorizzazione e con modalità difformi dal progetto presentato e dalle linee guida adottate in Regione Toscana».
Le conseguenze «Le operazioni così condotte – si spiega ancora nella nota diffusa dalla forestale – hanno causato la fuoriuscita di un ingente quantitativo di fanghi, che la normativa vigente classifica come rifiuti speciali sia pure di natura non pericolosa». Gli effetti di tale sversamento si sono subito «resi visibile sui torrenti Rincine e Moscia che, per circa 4 km, venivano completamente invasi dai fanghi, causando la morte sia della fauna ittica che dei macroinvertebrati presenti nel Rincine ed una forte alterazione ambientale del Moscia. Inoltre i fanghi hanno comportato un prolungato ed esteso mutamento delle caratteristiche fisiche delle acque del fiume Sieve, corso d’acqua sottoposto a vincolo paesaggistico, di cui è stata alterata la bellezza naturale», oltre alle conseguenze manifestatisi presso l’impianto di potabilizzazione di Publiacqua a Pontassieve. Riguardo all’invaso, causa la presenza ancora oggi di «ingentissimi quantitativi di fanghi contaminati da idrocarburi e che lo scarico di fondo è ancora oggi aperto, il giudice, su richiesta della procura, ha disposto il sequestro preventivo» per impedire che possano essere dispersi nuovamente nei sottostanti corsi d’acqua.