MONTE AMIATA – Sul Monte Amiata, rispetto all’attività geotermica, non sono stati individuati effetti causali sull’ambiente e sulla salute dell’uomo. Ci sono elementi di lungo periodo come il tallio e l’arsenico, che saranno presi in carico, ma che oggi non hanno forme di consequenzialità diretta come cause di alterazioni di carattere oncologico o di trasformazione del genoma.

Lo rivela uno studio dell’Ars Toscana presentato questa mattina a Firenze. Una relazione attesa che segue un’attività iniziata da Regione Toscana e Asl fin dal 2012 e che dopo dieci anni continua a restituire un quadro rassicurante circa i potenziali rischi per la salute dei cittadini.

Le aree geotermiche in Toscana sono due. Quella storica che dalla fine del ‘700 ha portato avanti la ricerca di acido borico, fondamento del borotalco e che si colloca nella zona delle Colline metallifere e che dagli inizi del ‘900 diventò fonte di energia elettrica. La seconda, quella dell’Amiata dove la visione della geotermia si inserisce in un contesto minerario di grande qualità: un tempo lì si estraeva mercurio. Oggi, la risorsa si chiama geotermia.

“Non vi sono degli effetti dal punto di vista oncologico o malattie consequenziali dall’attività geotermica sull’Amiata anche se è stata riscontrata la presenza di lunga durata di tallio e arsenico che devono essere comunque tenute sotto controllo – ha sottolineato il presidente della Regione Toscana Eugenio Giani – Abbiamo la necessità di continuare con questi studi che durano da dieci anni. Ma si può ragionevolmente pensare che il sistema geotermico presente sull’Amiata non porta consequenzialità dirette di danni alla salute”.

“Questi dati – ha aggiunto l’assessore all’ambiente Monia Monni – ci restituiscono un quadro confortante e anche in virtù del passaggio inevitabile sulla transizione ecologica, lavoreremo al raddoppio del potenziale geotermico sulla nostra regione. Ci sono delle criticità ma le prenderemo in carico costituendo una task force tra regione, asl, Arpat”.

La Toscana, oggi, fa fronte a oltre il 50% del proprio fabbisogno energetico da fonti ricavate sul proprio territorio. Il 30% proviene dalla geotermia.

Monni ha quindi concluso spiegando che “sul fronte delle acque, invece, vi è la necessità di proseguire l’attività di indagine e controllo per comprendere più nel dettaglio la situazione, anche in relazione alla presenza di tallio. Su questo fronte ho condiviso da subito la scelta di istituire una Cabina di regia regionale per proseguire un lavoro di analisi che vedrà il coinvolgimento anche di Arpat, che ringrazio per la preziosa collaborazione”.

“InVETTA – ha proseguito Fabio Voller, coordinatore osservatorio di epidemiologia di ARS – rappresenta la fine di un lungo percorso perché ARS è stata chiamata in causa dalla Regione dal 2007 per lavorare sul territorio e fare approfondimenti epidemiologici che sono diventati sempre più particolareggiati, rispetto a metodi e strumenti di lavoro, col trascorrere degli anni. Con InVETTA, indagine condotta su più di 2000 persone che non ha eguali a livello europeo, siamo andati a verificare molte cose e scoperto, in effetti, che in quell’area della regione sono stati riscontrati dati di mortalità e ospedalizzazione maggiori rispetto alla media regionale. Dati che nel corso del tempo si sono appiattiti sulla media stessa. Se rispetto alle emissioni geotermiche non abbiamo trovato correlazioni con aspetti sanitari se non con l’ipertensione, elemento abbastanza anomalo e che approfondiremo, più problematici sono i dati legati alla natura entropica del territorio. Ovvero la presenza di taluni metalli che sappiamo essere una caratteristica di quei luoghi, come arsenico e tallio, e che ci spingeranno ad ulteriori studi”.

LO STUDIO

Geotermia e salute in Toscana: presentato il Rapporto 2021 di ARS