POSIZIONAMENTO IN ACQUA DELLE NASSE CONTENENTI L'UVA

Realizzare un vino seguendo l’antico metodo di vinificazione che prevede l’immersione delle uve in mare: l’esperimento, unico al mondo, è stato condotto all’isola d’Elba (Livorno) e presentato oggi a Firenze. Di ‘Nesos’, questo il nome del vino marino, con la vendemmia 2018 sono state prodotte 40 bottiglie. L’esperimento è stato realizzato dall’azienda Agricola Arrighi con Attilio Scienza, professore di Viticoltura dell’Università di Milano.

Uve in mare per 5 giorni L’idea è nata proprio all’Elba, quando Antonio Arrighi, piccolo produttore che sperimenta e vinifica nelle anfore di terracotta, ha sentito il professor Scienza parlare della sua ricerca sul vino dell’isola di Chio che come peculiarità aveva proprio l’immersione delle uve. Per fare l’esperimento le uve sono state immerse in mare per cinque giorni a circa 10 metri di profondità, protette in ceste di vimini. Questo processo ha consentito di eliminare parte della pruina superficiale, accelerando il successivo appassimento al sole. La presenza di sale nell’uva ha permesso di provare a non utilizzare i solfiti, arrivando a produrre, dopo un anno in affinamento in bottiglia, un vino estremamente naturale.

L’assessore Ciuoffo: «Percorso di recupero della storia» «Presentiamo un percorso di recupero della storia – ha commentato l’assessore alle Attività produttive e turismo Stefano Ciuoffo, un’esperienza di produzione di vino che ha radici antiche. Questo esperimento ha già dato risultati molto apprezzati quindi spero che su questa esperienza si possa trovare un percorso per un prodotto innovativo».

Palumbo (Toscana Promozione Turistica): «La Toscana fa innovazione» Secondo Francesco Palumbo, direttore di Toscana Promozione Turistica «l’esperimento è importante per tre motivi: è la dimostrazione di come la Toscana faccia innovazione, sposta l’attenzione dalla storia alla contemporaneità, ed è importante in chiave turistica».

Scienza: «Un vino per evocare il mito» Il professor Scienza ha poi spiegato di aver «cercato di fare un vino per evocare il mito, per fare in modo che nel consumatore si associ alla memoria di qualcosa di antico un gusto moderno».