Il treno per la Champion’s è passato dalla Toscana ma è solo transitato, senza fermarsi. Il capolinea è Milano, sponda rossonera. Come era logico aspettarsi – aggiungiamo – visto l’epilogo finale di Siena-Milan. Un’autentica beffa per il calcio toscano e in particolar modo per la Fiorentina che ha cullato per quasi 80 minuti il sogno di poter accedere ai preliminari della massima competizione europea di calcio. Inutile la goleada di Pescara per la squadra di Montella, visto che il rigore (definirlo “dubbio” è un autentico eufemismo) di Balotelli e l’arbitraggio screanzato di Bergonzi nei minuti finali della partita hanno fatto svanire ogni speranza per i viola. Insieme a quei 30 milioni di euro, non bruscolini, che conseguono dal piazzamento alla Champion’s League. Tutto ciò sa di presa in giro anche per il povero Siena, autore di una prova orgogliosa e che ha onorato una maglia e una piazza in sofferenza come non mai durante questa stagione: basti pensare ai sei punti di penalizzazione di inizio campionato e all’amaro epilogo della retrocessione in Serie B. Quale il messaggio che emerge da tutto ciò? La Serie A non è fatta per le provinciali, è una proprietà esclusiva dei grandi club. Il consiglio è quello di smettere di credere alle favole e alle “Cenerentole del calcio”: le squadre belle ma povere o semplicemente meno ricche, non possono che rimanere tali. Lo sport dovrebbe essere un’altra cosa.
 
This is the end E la nostra rubrica “Storie nel pallone”, per quanto riguarda la Serie A 2012-2013, non si conclude con il lieto fine. Certo, rimane un’ottima stagione da parte della Fiorentina, che malgrado l’amarezza dell’ultima giornata tornerà a disputare l’Europa League. Rimane anche l’orgoglio di un Siena che, nonostante un notevole gap tecnico rispetto alle altre, è riuscito a riaprire la corsa per la salvezza e a riaccendere un briciolo di speranza nella Città del Palio in una stagione che, vedendo come è andata a finire, è sembrata segnata sin da subito come da un cupo presagio. Le “pacche sulla spalla” però servono a poco: il campionato italiano di Serie A si conclude nella maniera più beffarda possibile. Specie per il calcio toscano. I sogni, quelli che erano gli obiettivi da ottenere sul campo, non solo sono svaniti ma sono stati letteralmente uccisi. Chi grida al furto e allo scandalo per quanto visto ieri sera al Franchi senese ha la nostra comprensione: il calcio che premia chi non se lo merita – come l’orrendo Milan visto a Siena – non è il calcio che piace a noi. E crediamo che non piaccia a nessuno. «È la dura legge del gol», potrà dire qualcuno? No, «this is the end»: preferiamo citare i Doors. Perché una vittoria come quella ottenuta dal Milan da Siena uccide tutto ciò che ognuno cerca nello sport e ammazza il sogno di qualsiasi bambino che si allaccia le scarpette per la prima volta. Il calcio non è un gioco, è business. Non conta quanto sei bravo, conta quanto sei ricco. Il guaio è che tutto questo rappresenta anche un amaro specchio di ciò che è diventata l’Italia di oggi dove l’apparire è più importante dell’essere, dove i meriti veri passano sempre in secondo piano. Anche il più sfegatato tifoso rossonero – ne siamo convinti – non sarà stato fiero di come il Milan ha centrato la qualificazione alla Champion’s League. Però, questa è un’altra storia. Un racconto estremamente cinico dove non trovano spazio i Davide che battono i Golia. E che, ancor più amaramente, domani sarà già “roba da dimenticatoio”. Avremo voluto un finale diverso per le nostre “Storie”. Purtroppo la beffa – c’era da aspettarselo – è stata di rigore.