Uno spettacolo che è al tempo stesso metafora della vita e riscoperta dei grandi classici, spesso dimenticati. E “Furioso Orlando” che questa sera vedrà protagonista al Teatro Mascagni di Chiusi Stefano Accorsi, in un riadattamento in chiave moderna del poema di Ludovico Ariosto (leggi). A promuovere lo spettacolo la Fondazione Orizzonti d’Arte e il Comune di Chiusi per la stagione teatrale “Stravizia, Osa, Pecca” (leggi).
Perché una trasposizione teatrale di un grande classico?
«Sono molto legato al personaggio dell’Orlando. L’idea di questo spettacolo è nata da me dopo un reading dell’Orlando Furioso al Louvre di Parigi. Mi sono detto che sarebbe stato bello riuscire a trasformarlo in uno spettacolo. E mi sono messo al lavoro con Marco Balsamo che ha prodotto lo spettacolo e Marco Baliani per la regia e l’adattamento. Il risultato è una sfida perché non è facile adattare un classico al teatro».
Orlando è l’emblema del cavaliere romantico. E’ un personaggio ancora attuale?
«Questo spettacolo fa comprendere come sia l’amore che svela la fragilità di Orlando che è un grande cavaliere, un grande uomo pubblico, un uomo di guerra imbattibile e con le armi non ha rivali. Ma davanti all’amore crolla e va in mille pezzi perché ama Angelica che non lo ricambia e ama un altro. Orlando vive la tortura dell’amore non corrisposto, e poi rinasce a nuova vita con la metafora del recupero del senno sulla luna. E’ un percorso assolutamente archetipico dell’uomo e questa è la grande modernità di Orlando».
Quale è il messaggio del Furioso Orlando?
«Sono sempre rimasto affascinato da chi cade e si rialza. Questa è la vera grande scuola della vita in cui ci sono tanti maestri: padri, madri, mogli e figli. Ma cadere e rialzarsi ci fa vedere l’esistenza in modo diverso e ci insegna una nuova filosofia di approccio alla vita. È una delle “morti” inevitabili per passare dall’età giovanile all’età adulta».
Vestire ogni sera i panni di Orlando è catartico?
«Marco Baliani ha fatto un lavoro straordinario di adattamento: pur reinterpretando l’Ariosto ne ha rispettato lo stile e lo spirito. C’è molta leggerezza nel testo,ma anche ironia, dramma e una nota di tragedia. Tanti elementi diversi che convivono nello stesso spettacolo che, quindi, è davvero molto catartico».
Oggi lo porti a teatro, ma quando eri studente l’Ariosto ti piaceva o ti annoiava?
«L’ho studiato ma ne ho un ricordo molto vago. Spesso si ripensa agli argomenti studiati a scuola come a qualcosa di molto noioso. Invece nell’Ariosto ci sono un’ironia e uno humor che hanno contribuito a rendere quest’opera immortale. Non dimentichiamo che è stato il primo grande best seller della letteratura occidentale. Un po’ come “Il signore degli anelli” o “Harry Potter” di oggi. Se ne ha un ricordo pesante ma molti classici non lo sono affatto» .
E’ un invito a venire a teatro per riscoprire i grandi classici?
«Non abbiamo creato lo spettacolo con questo intento ma sono molto felice quando la gente mi dice che dopo aver visto la rappresentazione ha voglia di tornare a casa e rileggere l’Ariosto. Spesso in platea vedo molti studenti accompagnati da genitori e professori e sono fiero che, oltre che uno spettacolo, il “Furioso Orlando” sia un’opera di avvicinamento o riavvicinamento alla cultura italiana»