All’indomani della grande partecipazione alle urne per le primarie del centrosinistra (leggi) i risultati elettorali sotto la lente dei media toscani. agenziaimpress.it ha chiesto un commento a giornalisti di testate locali, regionali e corrispondenti per un’analisi degli scenari politici prima del ballottaggio di domenica prossima che sceglierà il candidato premier per il centronistra alle prossime elezioni politiche.

«Dichiarazioni del giorno dopo. Centrosinistra galassia di pianeti che hanno perso l’orbita» di Francesco Selvi (direttore RTV38)
«Curioso mettere insieme tutte le dichiarazioni del dopo voto in un centrosinistra che assomiglia ad una galassia di pianeti che hanno perso l’orbita nell’universo della politica. Intanto a sentire i vari leader nessuno è uscito sconfitto (tranne forse la Puppato e Tabacci). Bersani rivendica il suo primato dei numeri (anche se ancora il dato definitivo è contrastante) Renzi si gongola nel suo bacino elettorale che ha fatto proseliti a sinistra e a destra (quelli di sinistra in Toscana sono stati una vera rivelazione…), Vendola con le sue arrampicate sintattiche minaccia di fare l’ago della bilancia nel ballottaggio di domenica intimando a Bersani di “dare un segnale a sinistra”. Ma la vera novità in queste primarie, che restano un bell’esercizio di democrazia, sono stati i 4 milioni di elettori che armati di pazienza si sono messi in coda per delle ore ai seggi un po’ sgarrupati di questo centrosinistra affidato ai volontari, i veri vincitori di questa domenica appena trascorsa. Chissà se riusciranno nell’impresa anche domenica prossima dove i candidati saranno solo 2 e il tempo per lo scrutinio dovrebbe essere dimezzato. Una riflessione va poi ai 2 euro di spesa per votare. In un Paese in crisi dove la classe politica si è trasformata in Casta intoccabile e dove il finanziamento pubblico ai partiti è una voce di spesa importante nel bilancio dello Stato, ecco che a frugarsi in tasca è toccato ancora una volta all’elettore. La moltiplicazione è presto fatta 4 milioni per 2 euro uguale 8 milioni cifra importante che assicurano gli organizzatori servirà anche per i candidati del centro sinistra alle prossime politiche. Ma serviva davvero questo obolo? Non sarebbe stato meglio che i politici dei vari schieramenti interessati a queste primarie si fossero autotassati? Dubbi sui quali non abbiamo l’arroganza di rispondere con verità populiste sempre pronte nel portafogli. Ci resta la concreta speranza che il meccanismo Primarie scelto dal centrosinistra sia adottato anche dal centrodestra. La nostra giovane democrazia ne gioverebbe».

«Successo di Renzi. Effetti sulle scadenze elettorali a Siena»
di Augusto Mattioli (L'Unità)
«Che Renzi avesse un seguito consistente lo si era capito nelle iniziative alle quali ha partecipato e dall’attenzione nei suoi confronti dell’informazione. Però ha sorpreso il risultato ottenuto in tutta la Toscana  e  in particolare a Siena un tempo chiamata la provincia più rossa d’Italia dove Bersani è stato battuto nettamente dal rottamatore. L’affermazione di Renzi nella regione come in altre zone italiane in nome appunto del ricambio delle classi dirigenti del partito è il dato politico più rilevante, difficile da ignorare. C’è poi un aspetto tutto senese da ricordare. In  provincia di Siena, Renzi ha fatto il pieno in molte zone. Il che sta facendo pensare molti che ci sono anche aspetti di carattere locale nella sua affermazione che possono avere condizionato le scelte di chi è andato a votare. A partire dalla crisi della Fondazione e della Banca, del commissariamento del Comune di Siena in una provincia dove il centrosinistra, e in particolare il Pd, è forza di governo. Per cui  è possibile che l’affermazione di  Renzi che anche al palasport di Siena ha criticato le vicende senesi sulla banca,  sia una risposta ad una gestione della cosa pubblica da parte della classe politica  ritenuta insufficiente. Un successo che potrebbe avere effetti sulle scadenze elettorali del comune di Siena».

«Voglia di rinnovamento. E le sorprese potrebbero non essere finite»
di Emilio Mariotti (freelance -Qui Siena)
«O è colpa dell'orgoglio toscano o della voglia di rinnovamento della classe dirigente. Queste sono le due ipotesi per illustrare il successo di Matteo Renzi, sia in regione che in provincia (Siena ndr), al primo turno delle primarie. Scartando la prima per credito di intelligenza verso i toscani e i senesi, non rimane che la seconda. Il nervosismo di Rosy Bindi su Raitre ieri sera è segno che qualcosa in merito lo devono avere intuito anche i dirigenti massimi del Pd locale e regionale. Non dovrebbero essere nervosi, dovrebbero essere contenti. Perché il successo del fiorentino Renzi, può essere la “rivelazione” che la Toscana può produrre un'altra classe dirigente al di fuori dei soliti noti. Non c'è paura della novità, o almeno dei nuovi volti. Un potenziale “rottamatore” interno al Pd locale, quindi, potrebbe avere un bacino di consenso notevole. Bisognerebbe capire, però, se i potenziali elettori del centrosinistra siano anche pronti a nuove politiche. Sembrerebbe di no visto il magro risultato ottenuto dai candidati minori, come Vendola e la Puppato, portatori di programmi più innovativi per quanto riguarda diritti e ambiente. Renzi e Bersani, che presentavano programmi molto simili, nella provincia di Siena sono riusciti a polarizzare il 90,2% dei voti, lasciando le briciole agli altri. Di sinistra ma non troppo. Domenica prossima ci sarà il secondo turno e sapremo chi sarà il candidato premier del Pd (non eravamo una repubblica parlamentare?). Le sorprese ci potrebbero essere ancora, visto che non è scontato che tutti i vendoliani votino per Bersani. Quelli più giovani potrebbero riversare i propri voti su Renzi, più affine a loro per età, linguaggio e idea di “novità”».

«Le chiacchiere da campagna elettorale non funzionano più»
di Katiuscia Vaselli (La Nazione – Siena)
«Credo che queste primarie abbiano avuto un'importanza strategica notevole nel quadro politico generale, in particolare quello toscano. Diversi gli spunti di riflessione che dovranno accompagnare i cittadini fino al ballottaggio di domenica prossima: da un lato l'esercito dei renziani che ha sparigliato le truppe rosse, dall'altra la paura di un populismo (e sottolineo paura perché non porterebbe a nulla di piacevole) che è però frutto inevitabile di una politica che da troppo tempo non risponde più ai cittadini e neppure a se stessa. Troppe le maschere pirandelliane in un teatrino dove la dignità appare come un termine ormai desueto. Bersani è la solidità che convince un po' ovunque ma che lascia il fianco scoperto proprio dove pensa di essere più forte. E Matteo Renzi, il sindaco rottamatore, non si fa scappare l'occasione di incidere laddove il potere della vecchia guardia sembra aver lacerato anche l'ultima speranza democratica. Possiamo far finta di credere che queste primarie siano state gradite ai candidati, in realtà lasciano ferite che mai come adesso sono lo specchio di quelle dell'Italia. La gente ha voglia di nuovo, a volte solo per la novità fine a se stessa e quando – l'ho scritto molto in questi giorni – a chiamare Renzi sono le persone anziane che votano dal 1948, la riflessione è necessaria. Domenica prossima sarà la vera svolta: gli italiani sono un popolo che crede ai miracoli, di solito. Ma il vecchio Pd ha da rimboccarsi le maniche sul serio,se vuole sopravvivere bene al cambiamento: non è più tempo di certi giochi di potere, soprattutto nei luoghi dove il potere vero se n'è andato. Verso altre mani. E di questo, la colpa non è certo dei cittadini ma di coloro che in certe poltrone ci sono stati per troppo tempo senza avere minima cognizione di causa e che per questo hanno distrutto tesori inestimabili. C'è bisogno di meritocrazia. Le chiacchiere da campagna elettorale non funzionano più».
 
«Elezioni che lasciano un germe di discussione nella politica senese»
di Francesco Anichini (freelance)
«Il segnale è forte e difficilmente equivocabile. Si può chiamare voto di protesta, per la rottamazione o per il rinnovamento, resta il fatto che se su 36 comuni senesi ben 28 hanno votato per Renzi l’unica descrizione attinente che viene in mente è plebiscito. I motivi di tutto ciò sembrano quasi elementari per qualsiasi osservatore (oltre alla chiusura delle elezioni proprio al PalaEstra che ha certamente avuto il suo peso): i senesi hanno individuato in Bersani il rappresentante di quell’establishment che giudicano colpevole per la condizione attuale della città, e in Renzi l’unico che possa cambiare le cose. Non si può certo esaminare qui se la scelta sia giusta o meno, ma in vista delle elezioni comunali del 2013 il Pd senese, a fronte di questi risultati, deve riflettere profondamente; la presenza di Franco Ceccuzzi nella serata finale della campagna elettorale renziana non è passata inosservata e probabilmente l’ex sindaco ha già capito l’aria che tira nella città, quanto di questo si vedrà nell’imminente campagna elettorale solo il tempo potrà dircelo. In questo ragionamento va però considerato il fatto che Renzi è stato votato anche da un numeroso gruppo di persone che non sono sicure di votare per il Pd alle comunali e alle politiche. La parola passa adesso al ballottaggio, fino a poche settimane fa tanto vituperato proprio da Renzi, ma queste elezioni hanno già lasciato un germe di discussione sulla provincia senese, adesso tocca alla classe politica trovare le giuste misure per intercettare il sentimento popolare».

«Renzi il salvagente. Mentre affoghiamo nel mare di 'politichese'»
di Max Brod (freelance)
«Il successo di Matteo Renzi in ben 30 dei 36 comuni senesi ha un solo significato: voglia di rottamare. “Bersani” in loco dice “Ceccuzzi”, che dice “vecchia politica” e svariati disastri autoctoni firmati, comunque, PD. Le primarie in sé sono state un successo di affluenza, con i suoi 4 milioni di votanti (alle ultime Politiche gli elettori del PD sono stati 12 milioni), e di partecipazione giovanile: era da tempo che i social network non si infiammavano di tanto dibattere politico. Non a caso il vincitore (per ora solo) morale è il candidato più giovane, troppo giovane (uno dei motivi del suo successo), per aver contribuito al collasso della politica in Italia. Ma quello che ha più convinto è stata la sua dialettica. Parlare sì, da buon “ammaliatore”, ma di fatti. Renzi ha condito le sue arringhe di esempi validi certo, come gli altri, ma i suoi erano un po’ più validi: “A Firenze abbiamo abbassato le tasse”, “Solo il 45% delle donne italiane lavorano, contro il 71% tedesco”, “Nelle aziende pubbliche i manager devono percepire al massimo dieci volte l’ultimo stipendio”. Parole che potevano esser dette da chiunque, ma alla fine, sono risultate più credibili. Spiegare perché è ancora presto, e poi c’è il secondo turno che deve dare la riprova. Ma di sicuro quella di Renzi, è una dialettica concreta che diventa indispensabile, un salvagente insomma, in questo mare di “politichese” in cui ci sentiamo tutti affogare».

«I marchesi per Renzi e il peso della geografia»
di David Allegranti (Corriere fiorentino)

«Con i «marxisti per Tabacci» la satira politica ci si è baloccata per settimane, portando anche qualche beneficio allo stesso Bruno. Ma, evidentemente, numeri alla mano, solo in simpatia. L’analisi post voto dei dirigenti del Pd in Toscana, dove il Rottamatore ha superato il 50 per cento, ha invece prodotto un inedito gruppo di «nobili per Renzi». Il segretario metropolitano Patrizio Mecacci dice, ma qui la satira non c’entra niente, che il sindaco ha potuto beneficiare del sostegno di contesse e marchesi, e che poi vuole rivederli a votare per il centrosinistra alle elezioni politiche. Ma con Renzi non ci sono quelli dal sangue blu. Per poco Rosy Bindi, domenica sera su Rai3, parlando di Renzi, non ha evocato le F.O.D.R.I.A, le Forze oscure della reazione in agguato. La Bindi, che un giorno scopriremo essere pagata dai renziani, altrimenti non si spiega, ha detto anche che queste primarie non servono a valutare il peso di Renzi nel Pd, per quello c’è il congresso (l’anno prossimo); lì sì che se ne vedranno delle belle, minaccia la Bindi. Il presidente Enrico Rossi a caldo invece aveva scritto su Facebook che sul risultato renziano ottenuto da queste parti «sicuramente ha pesato l’appartenenza geografica e il fatto di essere il sindaco della principale città della regione». Il segretario del Pd Andrea Manciulli ha spiegato che «l’essere un esponente di questa terra» ha pesato «sul suo risultato in Toscana rispetto ad altrove». Ma come? Ripetiamo in continuazione che la Toscana è la terra dei campanilismi: la «fiorentinità», casomai, poteva essere un deterrente per i pisani! Ieri pomeriggio, poi, Rossi ha aggiustato il tiro, aggiungendo al motivo geografico anche uno più politico: «Alle primarie del centrosinistra, a livello nazionale, ha vinto Bersani mentre in Toscana ha vinto Renzi. Questo è frutto di tante ragioni, a partire dal legame con il territorio fino al bisogno di rinnovamento dei vertici nazionali espresso dagli elettori, in modo particolarmente forte in Toscana, al punto da prevalere sul programma, sulle idee e sull’appartenenza». In questa regione, ha scritto Rossi, «ha prevalso questa necessità che Renzi ha ben interpretato. Spetta soprattutto al Pd toscano raccogliere e dare voce questa richiesta di rinnovamento. Il Pd ha bisogno di un rinnovamento delle persone e, io aggiungo, anche di un cambiamento delle idee e delle politiche». Il governatore dunque chiama in causa proprio Manciulli. E possiamo immaginare la sua felicità visto che il segretario rivendica sempre il rinnovamento avvenuto fra i dirigenti del Pd toscano. Un ventotttenne a Firenze, una trentenne a Empoli, e via così. L’accusa di Rossi a Manciulli, neanche troppo velata, è d’aver sbagliato linea politica. Non è la prima volta che i due si trovano in disaccordo; Rossi non avrebbe neanche voluto consentirle, queste primarie; Manciulli invece ha accettato in piena la linea di Bersani: via al confronto in campo aperto. E lo scontro aperto, qui, ha creato un caso tutto politico, impossibile da scambiare per uno geografico. A Firenze Renzi ha preso il 53,46 per cento, Bersani il 33,10; a Pisa il 42,84 contro il 41,46; a Siena il 54,08 contro il 35,86. Il risultato permette adesso a Renzi di dire che, insomma, non è vero che lui vince perché prende i voti di destra, visto che va bene nelle zone rosse. Epperò la Toscana non è improvvisamente diventata «di destra», così come Renzi non è diventato il campione della sinistra. È, inevitabilmente, successo quello che era già accaduto a Firenze nel 2009: è il peso dell’insofferenza, non della geografia».

«Il teatrino dei vincenti sconfitti»
di Susanna Guarino (Corriere di Maremma)
«Eccoci tornati al teatrino al quale la politica ci ha ormai abituati, quello nel quale vincono tutti e non esistono sconfitti. Ha vinto Bersani, perché è in testa nelle preferenze, ha vinto Renzi perché ha scardinato le regioni rosse, ha vinto Vendola perché ha ottenuto più consensi di quelli che si aspettava. Ha vinto il Pd tutto per l’affluenza record. Nessuno che abbia ammesso di aver fatto flop, quando invece è proprio il flop a far notizia. Primo tra tutti quello dell’apparato vecchia maniera del partito, quello che fino ad oggi ha fatto la fortuna nelle regioni rosse. Si era schierato, compatto e determinato, a sostegno del segretario, e proprio dove contava di avere più forza, è lì che ha fallito completamente. Chi è andato a votare, e forse da qui l’affluenza record, ha voluto colpire proprio il vecchio modo di far politica, ha bocciato quello che fino ad oggi veniva seguito come un dogma. Ha fallito Bersani perché aveva portato avanti la sua campagna elettorale con la sicurezza di chi ha già in tasca la vittoria al primo turno, tanto sicuro da aver accennato appena il suo programma e aver tralasciato i temi più sentiti dagli elettori. Il mancato raggiungimento del 50% dimostra che non basta più il diktat del partito per ottenere il successo, ma è stata anche la conferma che la voglia di rinnovamento e di rottamazione è una realtà dalla quale non può prescindere chi aspira a governare il paese. Ha fallito Renzi perché non è riuscito a catalizzare su di sé il voto di chi, come hanno dimostrato le elezioni in Sicilia, preferisce astenersi piuttosto che esprimersi su questa vecchia politica. E’ proprio il sud il suo punto debole, ma è un bacino di voti dal quale non si può prescindere e con il quale ogni uomo politico deve fare i conti. Non può cantar vittoria Vendola perché le sue percentuali sono lì a dimostrare che la sinistra purista in Italia non esiste più o è un concetto per nostalgici. In Toscana, a Siena e Grosseto in particolare, l’analisi di questo voto potrebbe avere ripercussioni importanti ed essere da stimolo, nel Pd, per una riflessione ed un cambiamento che porti ad una evoluzione invece che all’involuzione che sembra già in atto. Il condizionale purtroppo è d’obbligo. Dalle prime dichiarazioni, infatti, sembra che si voglia affrontare il futuro con i mezzi usati in passato. Peccato».