C’è un libro, datato 2006, titolato “Sindaci senza partito” di Romano Repetti. E racconta la vita politica e amministrativa di un Sindaco in una città dell’Emilia dopo la legge del 1993 sulla elezione diretta. Primi cittadini che si trovano soli a gestire mille questioni, soli rispetto alla burocrazia, ai problemi dei cittadini, alle finanze sempre più ridotte. Ma soprattutto lasciati soli dai partiti che ne frattempo si fanno la guerra per il potere.

Sembra la fotografia di quel che sta accadendo al neoeletto sindaco di Siena, Bruno Valentini. Sebbene intorno a sé abbia il nucleo storico di SienaCambia, che da mesi lo sosteneva nella sua solitaria battaglia, e sebbene abbia trovato i Riformisti alleati fedeli e Sel alleato interessato, non sembra riuscire a trovare dialogo con il “suo” partito, il Partito Democratico.
 
Sono passati solo pochi giorni dalla elezione al fotofinish (solo 930 voti di scarto su Eugenio Neri) che già gli attacchi (diretti e indiretti) e i messaggi (diretti e indiretti) che provengono da consiglieri comunali ed esponenti del partito lasciano presagire che la guerra tra democratici non è mai finita, al di là delle dichiarazioni di facciata.

E questo proprio mentre alcuni già si stanno allineando sotto il nuovo che è avanzato in Palazzo Pubblico. Pratica, si sa, ben conosciuta da certi italiani che, di fronte alle battaglie non si schierano fino a quando non è certo il nome del vincitore. E poi, su tutti sul carro.
 
Ma veniamo al Pd di Siena. Nel pomeriggio stesso dello spoglio, l’ex sindaco Franco Ceccuzzi, dopo mesi di silenzio, riappariva su Facebook con commenti entusiastici sulla elezione di Valentini, rivendicando la “discontinuità” che doveva essere proseguita dal suo successore. Poi, era il dimissionario (o è ancora in carica?) segretario dell’Unione Comunale, Giulio Carli a ricordare a tutti che senza il Pd Valentini non avrebbe vinto («un risultato per cui il Pd è stato determinante»), e così via dichiarando e postando.
 
Naturalmente, tutti avevano notato che, nelle ore della vittoria, in palazzo Berlinghieri a fare festa con Valentini vi era poco partito e molti compagni di strada di SienaCambia. Ma il Pd mandava comunque segnali via Social Network, ricordando il proprio ruolo, come a sentirsi quasi un alleato. Anzi, l’azionista di maggioranza di questa maggioranza e riproponendo lo scontro tra correnti democratiche dentro le istituzioni (come accaduto nel 2012). A questo punto andrebbe anche ricordato ai dirigenti democratici che, visti i risultati del primo turno più o meno confermati al ballottaggio, ad essere essenziali per la vittoria sono stati tutti, ma proprio tutti: compresi i voti dei Riformisti, ad esempio. Senza i quali oggi anche loro non avrebbero niente da festeggiare.
 
Ma andiamo avanti. Ieri è stata la volta del neoconsigliere Massimiliano Bruttini (Pd) che, nell’analisi del voto (un tempo fatta nelle sezioni, con tanto di documento finale, adesso la fanno i singoli consiglieri, via comunicato stampa) nelle varie sezioni cittadine, ha evidenziato il «tracollo di San Prospero e del centro storico», attaccando così direttamente il segretario del circolo Pd de la Lizza, guarda caso Paolo Mazzini, valentiniano della prima ora e critico verso il Pd dell’apparato. Poi Bruttini ha rilanciato la tesi ceccuzziana che «solo il voto al Pd ha salvato la situazione. È la dimostrazione che gli elettori del centrosinistra hanno capito che il cambiamento è stato innescato prima di Valentini e ora, pur con qualche incertezza, lo affidano a lui». Insomma, il messaggio è che Valentini prosegua sulla strada già intrapresa da Ceccuzzi. Altrimenti?
 
Oggi, a rincarare la dose, interviene dopo mesi e mesi di silenzio, Alberto Taccioli, consigliere provinciale del Pd, eletto a Buonconvento, ed ex capogabinetto al tempo di Ceccuzzi sindaco, che detta le condizioni al neosindaco su come fare le prossime nomine per la Fondazione. Ancora non ha giurato davanti al Consiglio Comunale, e già gli vienedetto cosa deve fare. Altrimenti? «Per ridare credibilità alla politica senese c’è bisogno di mettere da parte tutti coloro che in questi anni hanno beneficiato di incarichi di prestigio in Banca Mps, partecipate varie e Fondazione Monte dei Paschi di Siena, spesso più per logiche di spartizione del potere che per merito o competenze, come dimostra la loro completa incapacità nel prevenire i disastri che sono accaduti e che oggi penalizzano il territorio di Siena e di tutta la provincia. C’è bisogno di dare da subito segnali forti, a partite dalla Fondazione Mps, dove a breve saranno fatte le nuove nomine». Viene proprio da domandarsi a chi si riferisca il consigliere provinciale, visto che nomi e cognomi non ne fa, e se stia parlando a nome del suo capogruppo (Marco Nasorri), del suo segretario provinciale (Niccolò Guicciardini) e, soprattutto, del suo presidente (Simone Bezzini).
 
Intanto, Niccolò Guicciardini che ha mille questioni da risolvere (compresa la bega del sindaco Pd di Sinalunga, Maurizio Botarelli, che rimane al suo posto a dispetto di tutti) chiede a gran voce un futuro congresso del partito. Come a dire a tutti: «state buoni, se potete».
 
Questo è quello che è accaduto nei primi giorni post elettorali a Siena. Gli stracci dentro il Pd, purtroppo, non sembrano essere atterrati e continuano a volare. E non vorremmo consigliare al neosindaco Bruno Valentini, tra qualche tempo, la lettura di un libro di un suo collega scritto giusto un anno fa: “Cinque anni di solitudine. Memorie inutili di un sindaco” di Roberto Balzani (Il Mulino)

Stasera, intanto, il cda di banca Mps ha deciso di portare all'approvazione dell'assemblea dei soci il prossimo 19 luglio la modifica del tetto del 4%. Un vero e proprio braccio di ferro per il primo cittadino che avrebbe bisogno di un partito unito e coeso e non di restare solo. Altrimenti?

Ah, s’io fosse fuoco