Pubblichiamo l’intervista uscita questa mattina sul quotidiano La Nazione di Siena all’ex sindaco socialista Vittorio Mazzoni della Stella (’83-’90), poi vicepresidente di banca Mps (’90-’97). Da anni Mazzoni, fuori dalla politica attiva, è critico con quello che viene definito il Sistema Siena e le sue analisi possono essere occasione di riflessione e confronto per una città che da giorni è tornata a dividersi dopo la decisione della Regione Toscana di trasferire ad Arezzo la sede legale della Asl. L’ultima di una serie di decisioni che hanno fatto scrivere al caposervizio del giornale, Francesco Meucci, del “fallimento del sistema Siena” [n.d.r.].
«L’analisi de La Nazione è da sottoscrivere in pieno, una vera classe dirigente a Siena non c’è ora come non c’è stata negli anni del saccheggio, altrimenti non sarebbe potuto succedere quello che è successo». La riflessione di Vittorio Mazzoni della Stella, già sindaco e presidente della Banca Monte dei Paschi, è impietosa. A prevalere, ancora oggi, sono numerosi elementi di preoccupazione per la gestione della città: «Forse siamo nella fase peggiore, perché scomparse per vari motivi le prime e le seconde file, sono rimaste le terze e le quarte. In qualche caso sono stati marginalmente attori delle vicende dello scorso decennio, di certo hanno ancora meno capacità di quei protagonisti, che già troppi guai hanno fatto».
È un quadro solo negativo, però. Non ci sono vie d’uscita?
«Siena deve individuare percorsi per ricostruire una classe dirigente di maggioranza e di minoranza. Se non si ricostruisce una logica comune, rischiamo di andare incontro a guai ancora peggiori di quelli già vissuti: dalle incertezze sul socio di riferimento per Banca Mps, alle riflessioni di Gsk su organici e obiettivi, al futuro di Fruendo. Cose di cui parlano tutti fuorché chi dovrebbe, cioè gli attori istituzionali».
E la vicenda Asl cosa può significare?
«È emblematica di una città che non riesce più a incidere su alcuna partita. Due esempi, non necessariamente collegati ma rappresentativi: le massime squadre sportive cittadine che non riescono a trovare sponsorizzazioni adeguate, la sconfitta nella corsa alla capitale europea della cultura. Siena, per gli atti compiuti, per la mancata reazione, per il clima sonnolento e quasi disincantato che ha accompagnato il naufragio, non attrae più né interessi imprenditoriali né politici».
Ancora il passato che pesa, dunque. Quando e come si potrà compiere una cesura?
«Non sarà possibile ricostruire una classe dirigente, senza prima chiudere tutti i conti con il passato e con le relative responsabilità politiche, amministrative e istituzionali. E non certo per mandare qualcuno in galera, cosa che non mi interessa, ma per ripartire su basi solide e non appoggiate sulla melma del passato».
Si potrebbe profilare una commissione d’inchiesta parlamentare sugli istituti bancari. Cosa ci si può aspettare?
«Se Renzi avrà la forza e il coraggio di portare avanti questa proposta, credo che ci sarà da divertirsi. Molti reati sono prescritti, ma la credibilità politica no. Ho sempre denunciato quanto stava accadendo, se si renderà necessario non avrò problemi a far sentire la mia voce nelle sedi istituzionali».
Ma da dove si riparte per il futuro, visto il deserto che lei fotografa?
«Alla mia età non si possono avere velleità personali, ma solo provare a mettere a disposizione alcune idee. Giusto per fare alcuni esempi: dalla necessità di un connubio chiaro pubblico-privato per il Santa Maria della Scala, alla creazione di un vero parco scientifico, a un pieno funzionamento della Fises. Proposte e spunti, insomma, utili per individuare una nuova classe dirigente di persone non compromesse con il passato, possibilmente giovani. E convincerla che il sistema Siena che una volta funzionava, era invidiato da tutto il mondo, è stato oggetto di studi e ha creato ricchezza, può essere seppure in un lungo tempo ricostruito. Siena è sopravvissuta al marchese di Marignano, sopravviverà a Giuseppe Mussari».