Siena non cambia, non riesce a cambiare o semplicemente non vuole. Ormai gli indizi cominciano ad essere tali e tanti che diventa complicato non riuscire a vedere che l’idea di quel cambiamento auspicato nel 2013 con le amministrative che portarono alla vittoria di Bruno Valentini, sostenuto da Pd, Riformisti, Sel e dalla lista barricadera di “Siena Cambia”, è definitivamente morto. E sepolto. E che quelle speranze di innovazione nei metodi e negli uomini si sono perdute per strada. Definitivamente. Al Sindaco, è vero, è riuscito in questi anni a barcamenarsi in Consiglio Comunale e ora spera ora di navigare serenamente se non incontrerà scogli sulla sua rotta. Ma ha rinunciato a fare quel che aveva promesso. Mentre il Pd in Consiglio Comunale ha avuto la sua vittoria e anche la battagliera capogruppo Carolina Persi se ne sta tranquilla alla finestra, ad aspettare gli eventi. La rappresentanza di Sel si è totalmente disciolta o finita in qualche incarico politico di secondo livello (Alessandro Francesconi è oggi vicepresidente di Siena Parcheggi, Orlando Paris portavoce dello stesso Valentini e Alessandro Cannamela è stato “distratto” dalle cose politiche da Coop Centro Italia). I Riformisti di Leonardo Tafani, sempre più isolati, venerdì prossimo dovrebbero essere insieme alla Siena Futura di Mauro Marzucchi per una chiamata alle armi che ne ricompatti le truppe. Rimane “Siena Cambia” che in questi anni da movimento è diventata forza di governo. Da voce critica e spina nel fianco dei Democratici si presenta ora come l’élite illuminata capace di creare la strategia per il futuro, che ha le relazioni e che intende, al momento opportuno, sfruttarle. Nella continuità. Purtroppo.
Giusto giovedì scorso, chiamati dal vicesindaco Fulvio Mancuso, sono accorsi il rettore Angelo Riccaboni, il direttore della Fondazione Mps, Davide Usai, (prima uscita pubblica la sua, già commentata da Daniele Magrini, leggi), il direttore di Toscana Life Sciences, Andrea Paolini e Stefano Sensi, esperto in management. L’incontro che non aveva nessun obiettivo preciso (a leggerne le cronache è stato tutto un declinare di verbi al futuro, senza grosso costrutto) ha però marcato il segno. Siena Cambia è ormai la testa pensante del Partito Democratico. Che, guidato con mano felpata da Alessandro Masi, se ne sta nel frattempo chiotto e zitto, ad aspettare che “passi ‘a nuttata”.
Intanto, a distanza di un anno si scopre il “Piano B” di Pier Luigi Sacco, consulente chiamato a Siena dall’allora sindaco Cenni confermato da Ceccuzzi prima e Valentini poi. Il professore aveva lasciato la città alla chetichella dopo la sconfitta per la candidatura a Siena Capitale della cultura 2019, non prima di avere tenuto un pubblico incontro in sala delle Lupe (venerdì 24 ottobre 2014) davanti alla cittadinanza per spiegare che, sì, il progetto contenuto nel “Bid Book” era stato sconfitto ma rimaneva assolutamente in piedi. E che a breve sarebbero arrivati i finanziamenti regionali, in verità promessi dal presidente Enrico Rossi e dall’allora assessore alla cultura Sara Nocentini. Dunque, nessuna paura, Siena e il suo professore avevano il “Plan B”. Ricordo bene quell’incontro perché fu chiesto a me di moderare. Forse altri avevano declinato l’invito e chissà in quanti si sarebbero candidati al posto mio in caso di vittoria. Andai, non avevo mai incontrato il professore e volevo capire cosa ci fosse in quel documento, astruso già dal titolo, che alcuni dicevano “pietra filosofale” e altri etichettavano come “cagata pazzesca”. E che Roberto Barzanti nella sua prosa efficace e colta aveva bollato come “zeppo di trovate ingegnose quanto effimere” (leggi). In quella sede fu spiegato che c’era un “Piano B” e che il progetto sarebbe stato almeno in parte realizzato. Ma di certo non l’ho ritrovato nelle cose organizzate in questi mesi di Siena Capitale della cultura. Adesso, però, ho capito a cosa alludeva il professore. Basta leggere La Nazione di Siena di oggi che riporta di un incarico annuo a Sacco per la “stesura dei concept per i progetti europei delle linee di finanziamento Horizon 2020, Creative Europe e Cosme”.
Si aspetta poi la nomina del nuovo direttore del Santa Maria della Scala che procede molto a rilento. A fine settembre erano scadute le candidature e solo ieri il Comune ha nominato la commissione che dovrà scremate tra i 66 autocandidati. Qualunque sia l’esito non potrà certo essere un direttore nominato a risolvere le mille questioni che riguardano quel contenitore (costoso) di arte, cultura e di occasioni per adesso perdute, se nel frattempo non saranno stati individuati anche gli obiettivi da raggiungere. Tutto questo per dire cosa? Che a leggere quel che a Siena accade oggi si ha la netta sensazione che nulla si voglia cambiare, soprattutto nelle logiche di potere che richiamano quelle fallimentari del recente passato che molti, che oggi sono al potere, giuravano che avrebbero cambiato. Ma i senesi? Almeno loro vogliono cambiare?
Ah, s’io fosse fuoco