La notizia del decreto del Governo che di fatto cancella la Provincia di Siena e la fonde sotto il capoluogo Grosseto suscita sgomento e, in taluni, rabbia. Sentimenti comprensibili ma che impediscono un’attenta analisi di quello che è accaduto. Analisi che richiede lucidità per comprendere da dove ripartire.

Siena invece sembra in preda ad un angoscioso incubo da cui non riesce nemmeno a svegliarsi: Università, Banca e poi Comune, sono tutti tasselli di un mosaico in dissoluzione; nemmeno immaginabile fino a qualche anno fa quando Siena e il suo territorio erano ai vertici nazionali per qualità della vita.

Le risposte di quel che è accaduto si possono trovare semplicisticamente nel complotto e nell’invidia degli altri ma è banale. La verità è che da anni si è rinunciato a fare Politica, da anni i partiti sono stati svuotati del loro compito quello di essere luogo di elaborazione, di confronto duro e di scontro leale.

La fine dei grandi partiti della Prima Repubblica ha accelerato tutto questo, concentrando il potere nelle mani di poche persone.  Con la nascita del Partito Democratico, poi, il tutto potrebbe essersi perfino acuito. Un partito che negli obiettivi aveva quello di includere più storie e culture politiche, almeno a Siena ha finito per diventare terreno solo due fazioni, la ex comunista poi diessina e la ex democristiana poi popolare. E nel mezzo più nulla, o quasi. A sinistra come a destra.

Dal 2006 era sufficiente l’accordo interno tra queste due nomenclature e tutto era risolto, per decidere un sindaco, un presidente, un amministratore e forse anche un usciere. Agli altri, esclusi da questo tavolo, solo le briciole. Così è andata per tutti questi anni. Mai un confronto sulle idee, sulla società o sullo sviluppo economico del territorio che nel frattempo stavano mutando, anche per colpa di una crisi finanziaria ed economica senza precedenti. Ricordo ad esempio un convegno dell’autunno del 2010 al teatro dei Rinnovati (trasmesso in diretta da Canale 3) in cui venivano tranquillizzati gli imprenditori e i senesi che tutto andava bene e che la crisi era passata. E in ogni caso che c’era il Sistema Siena a dare conforto e sostegno. Purtroppo le cose non stavano così. Anzi, la crisi era solo agli inizi, anche quella della banca più antica del mondo.

Nel frattempo, la nave senese ha continuato a navigare verso l’iceberg come se niente fosse. Le sezioni del Pd si svuotavano sempre di più, gli iscritti venivano inondati di e-mail e sms ma raramente convocati per discutere né tantomeno per prendere decisioni. Che venivano prese da un numero sempre più ristretto di persone. Al limite si chiedeva agli iscritti quasi ogni anno di schierarsi per primarie nazionali 2009 (Bersani versus Franceschini) regionali 2010 (per i candidati alle regionali Spinelli versus Pugnalini), provinciali 2009 (Bezzini versus Mariotti e versus Bartaletti) con lo scopo evidente, sul territorio, di misurare ogni volta le forze delle componenti. Poi quando gli accordi erano fatti prima le primarie non si tenevano nemmeno (2010 niente primarie per Enrico Rossi presidente e Alberto Monaci nel listino bloccato e 2011 per Franco Ceccuzzi sindaco di Siena).

E così venivano perdute occasioni per il confronto, la politica veniva divisa in clan e chi era critico veniva escluso, anche manu militari. Si perdevano così anche importanti relazioni con Firenze e con la stessa Roma. Insomma, Siena piombava in un mortale auto isolamento, che qualcuno propagandava per splendido. Oggi, tutto questo è finito. È finita questa stagione e il risveglio è molto amaro. Quel metodo di accordicchi e pateracchi dovrebbe essere subito accantonato e sostituito da una più larga possibile partecipazione.

Sullo sfondo di questo autunno da incubo ci sono ancora primarie nazionali e pare di intuire che le “prove” di forza continuino, ma appaiono sempre più vuote di significato. Si chiede agli iscritti se stare con Bersani o con Renzi nel mentre che tutto crolla.

Le colpe di questo brutto risveglio non vanno però ricercate solo nel maggiore partito. Ma anche in quelle forze politiche, di maggioranza e di opposizione, che in questi anni hanno finito per fare solo gli interessi di questa o quella componente interna del Pd.

Il centrodestra poi non ha mai saputo, o forse voluto , costruire una classe dirigente credibile e autorevole da proporsi come alternativa. E non si dica che non è stato possibile. Laddove personalità e idee hanno dimostrato capacità e credibilità gli elettori hanno premiato anche il centrodestra, si prenda ad esempio Grosseto capoluogo.

In realtà, gli unici realmente esclusi sembrano rimanere i leghisti in salsa senese che, primi tra tutti, hanno cominciato a martellare su quel che non andava a Siena. Poi, lo scorso anno, anche lì qualcosa si inceppò e mandarono un Commissario a gestire le elezioni comunali.

Adesso, si tratta di ripartire. Ripartire dalla Politica senz’altro, non quella che produce comunicati stampa, ma quella che è fatta di incontri e scontri e confronti anche duri nelle sedi deputate. Quella che è fatta da persone nuove e che si sentono coinvolte nelle decisioni e che sono animate dal desiderio di ricominciare a costruire l’eccellenza di un territorio che ha perso la magia. Prima la Politica comincia ad analizzare a quel che succede con gli occhi della Verità e non della propaganda e meglio sarà per tutti. Il risveglio è brutto, ma il sonno genera solo incubi.

Ah, s'io fosse fuoco