Le 1200 persone che hanno attesto e celebrato la squadra al rientro da Roma, le lacrime e la commozione di coach Banchi nelle interviste post-gara, gli abbracci e i gridi di gioia e liberazione. Sono tante le istantanee che la Mens Sana Basket regala al suo pubblico, a Siena, al basket e a tutto lo sport professionistico: la Montepaschi con la vittoria al PalaTiziano di Roma per 79-63 in Gara-5 ha chiuso la serie finale dei playoff del campionato di pallacanestro di Serie A, aggiudicandosi l’ottavo Scudetto della sua storia, il settimo consecutivo come mai nessuno nel basket e come pochissimi altri nello sport professionistico. Una dinastia infinita, una Siena da leggenda.
 
La dedica va alla città «Una vittoria dedicata a tutta la città di Siena in un anno particolare e difficile». È il coro di coach Luca Banchi e di quello che è stato votato come migliore giocatore delle finali Daniel Hackett, un talento purissimo che nella Città del Palio ha trovato l’esplosione a livello sportivo m anche un rapporto empatico con la piazza e la tifoseria. Anche per questo, non poteva che essere lui l’mvp dello Scudetto al pari di come lo era stato quando la stessa Mens Sana, a febbraio, sollevò la Coppa Italia. Anche in quel caso, la quinta di fila.
 
Un tricolore diverso dagli altri Un risultato giustamente definito storico, ci potremo sbilanciare anche su termini del tipo “epico”, “straordinario”. La Mens Sana Basket ha sofferto come mai aveva fatto nelle precedenti stagioni, dove era la squadra-Alpha, dominatrice dell’intera stagione. Il 2012-’13 è stato diverso partito la rivoluzione del roster in estate dovuta a una drastica riduzione del budget (e tutt’oggi i rapporti con il Monte dei Paschi sono del tutto in fieri: nel day-after la festa – per fare un esempio – la squadra va in visita dal sindaco, non a Rocca Salimbeni, sede di Mps, ndr). È arrivato dunque lo Scudetto del lavoro, della volontà di migliorarsi e di crescere, un successo decisamente più umano rispetto alla squadra di marziani che Siena aveva a disposzione negli anni precedenti. Un titolo che ha riacceso il rapporto con la squadra che, di rimando, ha vissuto un’annata di pura empatia con la piazza. Un titolo sofferto che premia chi ha fatto la gavetta per una vita, come Luca Banchi, arrivato alla vittoria da capo-allenatore dopo essere stato l’assistent coach di Simone Pianigiani nei sette tricolori precedenti: non la più facile delle eredità. Uno staff tecnico, con Banchi ci sono anche Marco Crespi ed Alessandro Magro, che sul piano puramente tecnico-tattico quest’anno ha dimostrato di non avere rivali. Al di là delle polemiche, molte anzi troppe, che hanno accompagnato i playoff e che da più lati hanno provato a sminuire quelli che sono stati effettivamente i grandi meriti di Siena. È lo Scudetto dei senatori Moss, Ress e Carraretto che hanno trasmesso ai Brown, agli Ortner, ai Janning, ai Kangur un’etica assoluta del lavoro che poi è la matrice principale di tutti i successi mensanini. Giocatori, quasi tutti, che si trovavano per la prima volta in carriera a dover giocare a simili livelli e che poi ne sono usciti a pugni alzati. E con quale personalità poi. Insieme ad una società, quella di Viale Sclavo, la cui saldezza, organizzazione e professionalità non ha eguali in Italia. E quando nessun dettaglio è lasciato al caso, i risultati possono essere appunto una dinastia sportiva leggendaria.
 
E adesso… Non si sa cosa possa riservare il futuro alla Mens Sana Basket. L’estate potrebbe essere lunghissima vuoi per gli sviluppi delle indagini della Finanza nell’Operazione “Time Out”, vuoi per le dinamiche economiche e i rapporti con uno sponsor che ha un contratto in scadenza al termine della prossima stagione. Magari ci sarà da disegnare nuovamente qualcosa di nuovo, a livello di guida tecnica (Banchi ha detto che dovrà mettersi al tavolo con la società dopo i festeggiamenti, ndc) e a livello di roster. Magari il gm Minucci dovrà mettere nuovi punti e ripartire da capo. Siena ci penserà e lo vedrà poi. La leggenda però è oggi. È questo il momento della festa per tifosi, squadra, staff e per una città intera che – nonostante una stagione lunghissima ed estenuante con ben 77 incontri in 3 competizioni – si ritrova nuovamente regina del basket italiano. Storia, mito, leggenda: di fronte a un simile “fil-otto” di successi tutti questi termini sembrano veramente riduttivi.