Sembra incredibile. Dopo tutto quello che è successo a Siena in questi anni c’è ancora chi sembra teorizzare il silenzio quale migliore strategia per le sorti della città e della sua banca. E prova a punire chi, invece, ragiona a voce alta. La cosa poi diventa ancora più scandalosa se a rischiare una sanzione disciplinare è un esponente di primo piano della politica cittadina, Maurizio Montigiani, responsabile economico della Lega Nord di Siena, reo di essere dipendente della banca. E come tale tenuto, secondo i suoi superiori, al silenzio. Non al riserbo, che è cosa fin troppo evidente, ma al silenzio totale.
E pensare che in quell’intervista rilasciata a David Busato su I-Siena.it, non me ne voglia Montigiani, non venivano rivelati né segreti d’ufficio né si lanciavano messaggi di sfiducia verso la Banca (leggi), anzi. Si esprimevano semmai delle valutazioni e, evidentemente, una critica, legittima, ai vertici passati e anche agli attuali. Ma da quando è sanzionabile la critica all’ad o al presidente della propria azienda, se fatta in modi civili? Forse che un operaio o un quadro di Melfi non può criticare in pubblico l’operato di Marchionne?
Qui di mezzo, scusate l’eccesso di enfasi, c’è il diritto ad esprimere liberamente le proprie opinioni, riconosciuto dalla Carta Costituzionale, altro che policy aziendale da difendere e codici etici. Oppure qualcuno ritiene che anche solo minacciando una punizione esemplare a Montigiani si dia un chiaro messaggio a Siena, a tutti i partiti e ai senesi: smettete di occuparvi di banca. E cosa nostra.
Stessa teoria, purtroppo, sembrano ricalcare anche gli uomini della Fondazione. Proprio lunedì scorso durante la cena del Gruppo Autonomo Stampa, alla presenza del Sindaco e di altri importanti rappresentanti istituzionali cittadini, mi avevano sorpreso le poche parole dette, in tono semiserio, dal direttore della Fondazione Mps, David Usai «Ai giornalisti chiedo – ha detto con quel suo simpatico accento sardo – di smettere di chiederci della Banca, considerato che abbiamo solo l’1,55%. Chiedeteci invece cosa facciamo come fondazione bancaria ma non cosa sta accadendo a Rocca Salimbeni».
Parole le sue smentite dai fatti dal suo stesso presidente Marcello Clarich che nei giorni scorsi, nel pieno della bufera in Borsa sul titolo, si era affrettato a dire che la banca ha i fondamentali a posto, e a dare conto, giusto ieri, di un incontro tra la Deputazione amministratrice e il presidente di Banca Mps Massimo Tononi e l’ad Fabrizio Viola. Delle due l’una. O la Fondazione fa il suo dovere di azionista di Banca Mps e quindi i giornalisti possono legittimamente rivolgere domande ai suoi vertici oppure qualcuno preferisce che le domande non si debbano più fare e che la comunicazione debba sempre e soltanto essere unidirezionale. I padroni a parlare, il popolo ad ascoltare.
Si aggiunga, poi, che proprio oggi Il Corriere Fiorentino riporta dell’incontro a Firenze degli stessi vertici della Fondazione con la Commissione d’inchiesta in Consiglio regionale, fortemente voluta dal Movimento 5 Stelle. E i virgolettati del professor Clarich suonano quasi come annuncio per bocca d’altri. In caso di aggregazione, ha spiegato a Silvia Ognibene, sarà «difficile mantenere qui [a Siena] la direzione Mps». Insomma, sta preparando il terreno. Poi, riferendo di un suo colloquio con l’ad Viola sul mantenere l’attenzione della banca al territorio nei limiti del possibile, questi avrebbe replicato «che la disaffezione è biunivoca e la banca si aspetterebbe più appoggio e attaccamento dal parte del territorio. Non hanno fornito dati, ma immagino – chiosa Clarich – che la quota di mercato di Mps in Toscana si sia ridotta».
Ecco così smentito il direttore Usai che lunedì sera alla conviviale dei giornalisti diceva, scherzosamente s’intende, che la Fondazione non si occupa più di banca, mentre con poche battute il suo presidente ha dato la notizia (non smentita) che Mps perde quote di mercato in Toscana e che «è estremamente complicato che la direzione generale in futuro rimarrà a Siena.
E la gente sanese? Deve stare zitta, altrimenti si rischia la sanzione. Nessuno deve fiatare. Forse i nuovi padroni pensano ancora all’antico detto che a Siena o sei dipendente del Monte o lo sei stato o speri di esserlo a breve. E minacciano di punirne uno pensando così di aver dato un segnale forte a tutti.
Ecco, a questo punto deve intervenire la città e chi ha responsabilità pubbliche, le forze politiche (tutte) e chi rappresenta le istituzioni. Con fermezza si dovrebbe alzare unanime il coro della solidarietà piena e incondizionata a Montigiani. Il potere, si sa, agisce per mano di pochi, con la complicità di molti e il silenzio di tantissimi.
E oggi è ancora il tempo di scegliere se stare tra chi teorizza e pratica il silenzio perché il Potere agisca indisturbato o chi sceglie la libera espressione del pensiero e permette la circolazione delle idee. In questi ultimi anni a Siena si sono levate mille voci. Un coro a volte scomposto e disordinato ma comunque vitale, senza regia nè direzione d’orchestra. Nessuno deve permettersi di zittirle.
Ah, s’io fosse fuoco