di Paolo Mazzini*
Sulla salvaguardia delle mura di Siena, e sulla loro “valorizzazione” in termini identitari, storici, culturali e anche economici, si è creato un momento assolutamente straordinario di concordia cittadina e di lavoro collettivo. In un periodo particolarmente delicato nella vita di Siena, denso di polemiche spesso isteriche e incapacità di trovare obiettivi comuni alla gran parte dei cittadini, quello che si è realizzato intorno alle mura – in senso letterale e metaforico – merita di proporsi come modello di un coinvolgimento positivo e concreto dei cittadini nelle decisioni sul futuro della città. È un modello replicabile per altre situazioni, anche a scala più ridotta: per questo si vuole introdurlo anche nel ripensamento dei “luoghi centrali” delle periferie, affinché non risultino il prodotto di un disegno astratto ma l’esito di un laboratorio progettuale che coinvolga i soggetti, cittadini, associazioni e altro, presenti in ogni parte di territorio. Per fare un esempio, lo si sta portando avanti, naturalmente sempre sperimentando, a San Miniato.
È un modello replicabile anche per la scala più vasta della cosiddetta “Grande Siena” (o “Siena grande”?, la discussione è aperta e va portata avanti con continuità e spirito costruttivo), laddove si deve trovare la capacità di prevenire e governare quel fenomeno della semplificazione amministrativa che sembra ineluttabile: per ripensare la dimensione della comunità senese più aderente alla realtà, alla storia, alla conformazione dei luoghi, prima che un burocrate romano o fiorentino decida per noi. In questa direzione, la nuova Siena (ma si tratterebbe di una Siena “antica” che riacquista la sua misura vera e la sua importanza territoriale) non può essere la banale somma amministrativa di alcuni comuni, i cui confini sono astratti e non più rispondenti alla situazione presente, ma deve nascere da una ridiscussione del significato e delle dimensioni che deve avere un “capoluogo”.
Anche perché la nostra città si trova ad affrontare alcuni passaggi epocali, per quanto riguarda servizi, infrastrutture, senso, che necessitano sia di una dimensione più ampia e reale, sia di una presenza politica – a livello regionale – che è legata alla misura demografica e alla capacità di coagulare, intorno alla rivendicazione dell’esistenza di un’altra Toscana, i territori che vanno da Arezzo a Grosseto a Piombino a Volterra.
Un’altra Toscana in cui, più o meno assente la dimensione industriale, sono altri i valori che ne fanno un punto di riferimento a livello mondiale: cultura, paesaggio, agricoltura, servizi, turismo. La miopia “fiorentina”, che vede solo ciò che va dalla piana dell’Arno al mare, va riequilibrata attraverso un’azione congiunta e coordinata di questa cosiddetta “area vasta” (definizione orribile!): Siena non può che porsi alla testa di questa consapevolezza.
Il lavoro sulle mura, che è andato di pari passo con l’aggiornamento del Piano di Gestione del Sito Unesco – altra fondamentale opportunità per la città, rappresenta in maniera evidente la scelta che questa parte della Toscana sta compiendo per il proprio futuro: un futuro che si basa sulle proprie radici e sulle proprie caratteristiche strutturali, innovandole senza tradirle.
*Assessore ai Lavori Pubblici del Comune di Siena