«Una testimonianza di vicinanza il fatto che centinaia di persone siano venute a questa manifestazione. Non è una battaglia che riguarda solo gli amministratori ma l’intera comunità. Abbiamo testimoniato fin da subito la nostra critica e il nostro giudizio negativo nei confronti di un riordino istituzionale che crediamo non produca risparmi per la finanza pubblica o un miglioramento dell’amministrazione e rischi invece di essere solo un grande pasticcio. Si rischia che una grande incertezza accompagni questo riordino istituzionale per mesi, forse per anni creando danni alle comunità e ai territori. Per questo chiediamo al Governo, al Parlamento di riflettere con grande attenzione sul decreto che è in corso di conversione. La cosa migliore sarebbe che si fermasse tutto per dare vita ad un cantiere per la riforma di tutte le amministrazioni del nostro Paese e di tutta la pubblica amministrazione, per modernizzarla, renderla più efficiente, efficace e risparmiare risorse. Se questo non avverrà continueremo a dare battaglia, insieme ai nostri rappresentanti in Parlamento per cercare con degli emendamenti di correggere questa riforma e levigare gli effetti dannosi per questa comunità. Cercando di spingere verso il massimo di coinvolgimento e di partecipazione delle comunità locali, dando protagonismo ai Comuni sulle scelte a partire su quella per il capoluogo che riteniamo basata su criteri inadeguati» Così il presidente della Provincia di Siena Simone Bezzini ai nostri microfoni prima di salire sul palco (guarda).
La piazza Un palco improvvisato da un Ape, degno della maggiore austerità, ben altro da quello della Leopolda nella vicina Firenze per gli amici (non chiamateli compagni) di Matteo Renzi. Di fronte una piazza con circa mezzo migliaio di persone, qualche dipendente provinciale (non molti a dire il vero), qualche bandiera del Pd, dell’Arci e della Cia, in mezzo ai gonfaloni dei rappresentanti comunali presenti (quasi tutti tra i 36), oltre alla curiosa partecipazione del Comune pisano di Volterra nelle vesti, per parola del suo assessore Paolo Moschi, di trentasettesimo comune senese perché «Di fronte a questo grande cambiamento chiediamo e crediamo che Siena abbia tutti i requisiti per essere capoluogo di una vasta area che prenda tutta l’alta Val di Cecina, la Maremma e il territorio storico di Siena. Credo che non siano scindibili e che per governare un territorio così complesso e vasto occorrano una grande cultura e una grande storia quali solo Siena sa esprimere».
Il comizio Nel buio della piazza il presidente Bezzini ha colto poi con mano il megafono e, salito sul cassone dell’ape, ha dato il via ad una lunga arringa riportando il pubblico presente ad un timido cliché di quel fervore giovanile da protesta studentesca. E la piazza, che stavolta accomunava esponenti di forze politiche abituati a darsi battaglia, curioso anche questo aspetto, risponde più volte con applausi là dove il discorso alza i toni per una «Siena che è Siena e non può essere misurata solo sul numero degli abitanti» senza campanilismi però. Oppure quando Bezzini sostiene: «Non siamo disponibili ad accettare imposizioni burocratiche». Oppure ancora «Non può esistere un processo di riforma che crei vinti e vincitori, territori di serie A e di serie B». Apprezzabile, va riconosciuto, anche la sottolineatura sull’assenza di legame tra riordino e funzioni pubbliche, forse il nodo centrale di tutta la vicenda e quello che potrebbe portare i danni maggiori sulla testa dei cittadini. Così come il riferimento ad una riforma che potrebbe portare ad una sempre maggiore disaffezione delle comunità verso le istituzioni in un clima già saturo di antipolitica.
Fiammella nel buio Poi il comizio giunge al termine, niente slogan urlati, i circa 500 intervenuti si dileguano dopo poco e il presidente della Provincia, con sindaci e rappresentanti al seguito, salgono a palazzo per un incontro con il Prefetto. In piazza rimane il buio. Quello che ancora circonda il futuro della Provincia di Siena. La fiammella della protesta o della speranza, qual dir si voglia, non si è spenta ma fosse stata accesa prima avrebbe forse prodotto maggior luce e calore.