siena2019Siena Capitale europea della cultura per il 2019? «Se andasse per merito toccherebbe a noi senz’altro», afferma il presidente della Regione Toscana Enrico Rossi, che stamani a Firenze nella sede della Regione, ha presentato col direttore della candidatura Pier Luigi Sacco e col sindaco Bruno Valentini l’appuntamento in programma venerdì a Roma per la consegna del libro di candidatura. «Siamo schierati come un sol uomo per Siena – ha aggiunto Rossi – con tutta la Toscana, Firenze, e ci auguriamo che anche il Governo, a cui ci appelliamo, faccia sentire la sua voce verso Bruxelles». Mi è piaciuto, delle dichiarazioni di Rossi, sopratutto quel «toccherebbe a noi». Avrebbe potuto dire «toccherebbe a Siena». E invece ha detto «noi».

Io lo so che nella mia città non mancano diffuse inquietudini verso questa sfida. E non bastano le solite frasi di circostanza: «Se vince Siena siamo tutti contenti». Perchè è ancora fortissimo lo choc derivante dagli anni dello sfascio, con la distruzione di un patrimonio secolare della città dovuto solo agli eccessi di un potere che fa sentire ancora la sua presenza. Uno choc che rende scarsamente credibile ogni circostanza che veda le istituzioni in campo. E’ comprensibile. E sono state sacrosante le battaglie di trasparenza condotte dalle opposizioni consiliari. Così come le critiche su alcuni progetti hanno ragion d’essere. Ma questa è una sfida decisiva per la città. L’eventuale vittoria non sarebbe il successo del Valentini, o di Sacco o del Pd. Ma una reale opportunità di rinascita.

E non mi accodo, allora, al coro pupulista e qualunquista di chi dice che se con la vittoria arriveranno i finanziamenti per i progetti – e complessivamente si parla di 70 milioni – siccome saranno utilizzati al solito modo “senese”, per rafforzare un sistema di potere ancora ramificato, allora è meglio che quei soldi non arrivino. No, personalmente non ci sto. Voglio sfuggire il detto nostrano, che racconta di quel marito che per far dispetto alla moglie si tagliò una parte importante del suo corpo. Mi piacerebbe di più che le persone più critiche verso il progetto, siano fin d’ora pronte a svolgere quel ruolo di “cani da guardia” della democrazia e della trasparenza, che sia in caso di vittoria – per la migliore gestione dei fondi – sia in caso di sconfitta – per la più efficace gestione dei progetti e il loro miglioramento – sarà fondamentale. Non siamo città in grado di sciattare opportunità di finanziamento. E semmai la levata di scudi dovrebbe essere, questa sì popolare – e in questo caso non certo populista – contro la disinvolta e affretatissima ipotesi di redistribuzione degli utili della Fondazione Monte dei Paschi. Che non più più essere stampella per alleggerire i debiti dei Comuni. E soprattutto non può ancora – ce ne vorrà di tempo! – tornare a elargire alcunchè, prima di aver messo i suoi conti al sicuro, sia dalla bramosia dei soliti, che dagli effetti del “rosso” della Sansedoni e dalla probabilità di dover fronte ad un nuovo ulteriore aumento di capitale della banca.