Si spengono i forni all’inceneritore di Scarlino, di nuovo. È la seconda volta in quattro anni. Questa mattina il Consiglio di Stato ha accolto il ricorso presentato dal Comune di Follonica e dai comitati ambientalisti, annullando le autorizzazioni Via (valutazione d’impatto ambientale) e Aia (autorizzazioni integrale ambientale) rilasciate dalla Provincia di Grosseto alla società Scarlino Energia, a capo dell’impianto. Un deja vù, dato che più o meno era accaduta la stessa cosa nel 2011, quando anche allora il tribunale romano ribadì la decisione del Tar (che invece questa volta aveva respinto i ricorsi), stracciando Via e Aia. Esultano i comitati ambientalisti, mentre resta da capire quale destino attende i sessanta lavoratori dell’inceneritore.
Il precedente del Tar La primavera scorsa, il Tar respinse i ricorsi di Comune e comitati perché nel frattempo della stesura dei documenti Scarlino Energia aveva scomputato le società in due: una intestataria dell’impianto, l’altra semplice gestrice. La delibera che i ricorsi impugnavano erano intestati alla seconda, mentre in realtà doveva essere impegnata la prima. Un vizio di forma che ha spinto il Tar a rispondere picche a Follonica e ambientalisti, ma il Consiglio di Stato ha ribaltato tutto, accettando i ricorsi e entrando nel merito. I temi presentati al tribunale sono stati due: il fatto che nel canale di ritorno al mare fossero presenti diossine della famiglia dei rifiuti (e qui ha svolto un ruolo fondamentale un consulente del Comune di Follonica, che ha dimostrato la presenza di queste sostanze) e un’unica azienda tratta rifiuti, e il fatto che «le bonifiche non sono mai state fatte regolarmente. Ossia si sono fatte limitandosi ai confini delle proprietà – spiega Roberto Barocci del Forum Ambientalista Toscana – ma già dagli anni ’70 questi materiali inquinanti sono stati utilizzato ovunque, per costruire strade, piazze, rotonde, sostanze che si muovono, che si spostano, che filtrano nella falda, che scendono a mare, andando nei pesci, nei molluschi». In parole povere: non si è tenuto conto dell’impatto ambientale che l’inceneritore avrebbe avuto su una zona già contaminati da settant’anni d’industria. Su questo si è basato il ricorso stilato dal defunto avvocato Franco Zuccaro, che ora i comitati vogliono ricordare.
Il problema lavoro Dall’altra parte si apre la questione occupazionale. Cosa accadrà ai sessanta lavoratori che operano nell’impianto? Con le autorizzazioni revocate, lo scenario più probabile è che prima venga smaltito il quantitativo di rifiuti ancora da bruciare e dopo vengano spenti i forni, con la conseguente cassa integrazione per tutti. Ma per questo è ancora troppo presto.