Alla vigilia del Natale i vescovi della Toscana hanno deciso di rivolgersi a tutte le comunità ecclesiali «per condividere insieme le ansie e le prospettive del precetto evangelico dell”accogliere lo straniero’». Lo fanno in una lunga lettera rivolta, però, a tutta la comunità cristiana, che prende spunto dalle parole di Papa Francesco e del del Giubileo della Misericordia appena concluso, per riflettere e sollecitare sul tema dell’accoglienza di richiedenti asilo e profughi. Dopo aver ricordato «il già grande impegno ecclesiale» nell’accoglienza (in Toscana il 21% degli 11.669 profughi presenti alla fine dell’ottobre scorso è ospitato in strutture ecclesiali), i vescovi sottolineano che occorre «fare ancora di più» vista la situazione degli arrivi in Italia. La Cet (Conferenza episcopale Toscana) raccomanda di promuovere nelle comunità, in particolare quelle parrocchiali, «una disponibilità all’accoglienza informata e coraggiosa» e «senza paura», perché «diventino protagoniste nell’incontro con i fratelli e le sorelle migranti» e dei «poveri tutti».
Necessario e continuo dialogo con le Caritas Sul piano operativo, nella lettera, i vescovi della Toscana ricordano il vademecum della CEI e «le utili linee guida diffuse dalla Diocesi di Firenze per realizzare una buona accoglienza di richiedenti asilo e rifugiati», frutto delle idee e dell’impegno di tutti. Per questo raccomandano «il necessario e continuo dialogo con le Caritas diocesane» e con tutte le istituzioni civili, «non solo mettendo a disposizione eventuali strutture, ma soprattutto disponendo la comunità a diventare protagonista dell’incontro con i fratelli e le sorelle migranti». A questo proposito la Cet ricorda l’ormai diffusa accoglienza sul territorio in piccoli gruppi, «centrata sulla persona, sulla promozione della sua autonomia ed integrazione, sulla costruzione di un’ipotesi di futuro per quanti arrivano in cerca di protezione», si legge ancora.
Confronto serio sul sistema di accoglienza I vescovi toscani, infine, auspicano che cresca un confronto serio sul sistema di ingresso e dell’accoglienza nel nostro Paese e sui molti nodi insoluti che presenta, perché si possa superare la logica emergenziale, «che rischia di consegnare migliaia di uomini e donne, lungamente accolti, all’irregolarità, in uno spreco di risorse e di energie collettive», e dare una migliore e degna risposta a questi fratelli che continuano a fuggire da violenza e miseria. Una riflessione «accorta sulle regole e sugli strumenti, in un serrato dialogo con le comunità locali», identificando insieme «percorsi e proposte orientate alla difesa della vita, alla protezione della dignità umana e dei diritti fondamentali dell’uomo», con strumenti di integrazione «concreta, in una visione di lungo periodo, su quale Italia immaginiamo per il domani, quali comunità, quale convivenza possibile».