Incontro storico ieri a Roma nella sede di Banca delle Marche tra l’associazione vittime del Salvabanche e alcuni rappresentanti dei vertici delle nuove banche (Nuova Banca dell’Etruria e del Lazio Spa, Nuova Banca delle Marche Spa, Nuova Cassa di Risparmio di Chieti Spa, Nuova Cassa di Risparmio di Ferrara Spa). All’appuntamento con Maria Pierdicchi, consigliera indipendente delle quattro banche e Roberto Bertola, amministratore delegato di Banca Etruria, c’era Letizia Giorgianni, presidente dell’associazione che ha raccontato i risvolti dell’incontro e i prossimi passi che intende compiere l’associazione.
«Più che ad un tavolo di incontro oggi abbiamo assistito ad un’operazione di marketing – esordisce Letizia Giorgianni -. Quello di oggi non aggiunge niente ai risparmiatori. Non perché mancasse il presidente Nicastro, ma perché Bertola e Perdicchi hanno confermato quello che è il loro ruolo in questo momento storico: non sono altro che traghettatori. Non c’è la volontà di risolvere questa drammatica situazione, ma il desiderio pressante di vendere queste quattro banche. La verità è che questi dirigenti, sotto molti aspetti, hanno le mani legate. Non possono fare molto, ma sicuramente una cosa possono farla: possono ragionare insieme a noi sulle plusvalenze per individuare delle nuove soluzioni di risarcimento».
Rimane poi la questione dei 100 milioni di euro promessi dal Governo per tramite del ministro dell’economia Pier Carlo Padoan.
«Sì, ma quali sono i criteri secondo cui si stabilisce chi risarcire? Chi c’è in queste fasce protette? Per ora sono stati individuati 680 aventi diritto, ma gli investitori colpiti sono 160mila. Una goccia nell’oceano. Con quali criteri si valuteranno i bisogni veri delle persone, non è chiaro. Se ad essere risarcito fosse un risparmiatore che non tiene quasi nulla in banca, ma ha un patrimonio immobiliare da 2 milioni di euro, sarebbe davvero lui il primo risparmiatore in difficoltà a dover essere risarcito? La verità è che 100 milioni di euro non coprono neanche un quarto degli aventi diritto. È per queste incongruenze che noi respingiamo l’arbitrato».
Quale le vostre sensazioni?
«Queste Banche sono colpevoli di aver fatto delle false dichiarazioni. Tanto che anche persone abituate a fare investimenti ne sono rimaste vittime. Dal 2013, per ricapitalizzare, le quattro banche si sono trasformate in una macelleria sociale. Da allora gli impiegati hanno messo in atto le direttive di Banca Italia e hanno iniziato a vendere massivamente queste obbligazioni subordinate, che sono diventate lo strumento fondamentale per la sopravvivenza degli stessi istituti bancari. Sentirsi presi in giro e truffati è davvero umiliante. Tanto più che l’Abi (associazione bancaria italiana) non fa che ripetere come ci sia bisogno di maggiore consapevolezza finanziaria tra gli investitori, che dobbiamo essere preparati. Sembra un disco rotto. Certo, non ci avrebbero fatto male delle lezioni di finanza. A chi ci ha venduto queste subordinate, invece, sarebbero servite lezioni di onestà».
La vostra idea sull’inchiesta della Guardia di Finanza?
«È come se si stesse aprendo il vaso di Pandora. Dò una notizia: qualche giorno fa, nella nostra sede legale di Firenze, sono arrivate delle lettere non affrancate che denunciavano esattamente questi fatti, con tanto di nomi e cognomi. Appena rientrerò a Firenze provvederò io stessa a portare queste lettere in Procura ad Arezzo».
Oltre alla consegna di queste lettere, quali saranno le vostre prossime azioni?
«Sarà lotta pura nelle sedi giuste e rifiutando ogni forma di violenza – conclude Letizia Giorgianni -. L’associazione vittime del salva Banche è fatta di persone oneste che condannano i gesti estremi, come quello dell’ordigno davanti alla sede di Banca Etruria a Perugia (leggi). Vogliamo la verità sulla condotta di questi quattro istituti e vogliamo che ci sia restituito ciò che è nostro. Continueremo a dialogare e manifestare. Il 12 gennaio saremo tutti insieme a Roma per protestare davanti alla sede di Consob. Poi torneremo a Roma per la sfiducia al Governo Renzi. Una cosa è certa, noi non ci fermiamo».