Il più antico popolo africano raccontano attraverso gli scatti di Sergio Guerra. E’ “Hereros” la mostra fotografica inaugurata oggi a Firenze nella Galleria delle Carrozze di Palazzo Medici Riccardi.
Oggetti tipici e ornamenti per svelare un’identità La mostra in programma fino al 28 settembre (ingresso libero) è composta da oltre 60 foto di grande formato corredate da una scenografia ricca di costumi, ornamenti, oggetti di uso tradizionale e rituale di questa etnia, offrendo un variegato e colorato collage sul loro stile di vita e sulle loro usanze. In questa occasione vengono anche presentate testimonianze filmate di uomini, donne e giovani Herero che immergono lo spettatore nell’universo di questo gruppo etnico di pastori seminomadi, un esempio di forza e di impegno nel voler salvare un’economia e una cultura ancestrale minacciata dal rapido processo di modernizzazione e occidentalizzazione dei paesi del Continente Nero, e nel voler rimediare alla devastazione causata dalla guerra civile che ha colpito il paese per decenni. Attraverso un’ampia iconografia, oggetti tipici, documenti multimediali riguardanti le tradizioni e i rituali degli Herero, la mostra contribuisce alla conoscenza di un mondo che non esiste più.
Un popolo dalle antiche tradizioni Gli Herero appartengono al gruppo etnico Bantu che si dedica alla pastorizia seminomade in una zona dell’Africa fra la Namibia, l’Angola e il Botsuana. Giunsero nel XV secolo nella regione che attualmente occupa l’Angola e si stabilirono nelle province di Cunene e Namibe a sud-ovest del Paese. La loro vita culturale gira soprattutto attorno all’allevamento del bestiame. In Angola, durante tutta la prima metà del ventesimo secolo, gli Herero furono perseguitati dalle autorità coloniali, In Namibia subirono la schiavitù e si opposero alla dominazione germanica, divenendo vittime di uno dei più grandi genocidi della storia. Nel 1904 il generale Lothar von Trotha emise un “ordine di sterminio”, a causa del quale venne soppresso circa l’80% della popolazione Herero. Per conoscere un po’ meglio il modo di vita dell’etnia, Guerra visse un periodo di tempo all’interno della comunità, osservando le loro pratiche quotidiane. Un popolo sopravvissuto alla persecuzione e all’esilio che ha avuto la forza di recuperare le sue tradizioni ancestrali.