Papa Francesco è stato chiaro di fronte ai 27 leader europei, radunati a Roma nel 60simo anniversario dei trattati di Roma. Sulla scia di Giovanni Paolo II e di BenedettoXVI ha dichiarato, pur nel suo stile: senza cristianesimo, sono incomprensibili i valori dell’Occidente.
E’ proprio vero. Il comune denominatore comune dei Padri fondatori dell’Europa unita “era lo spirito di servizio, unito alla passione politica, e alla consapevolezza che all’origine della civiltà europea si trova il cristianesimo, senza il quale i valori occidentali di dignità, libertà e giustizia risultano per lo più incomprensibili”. Parole di Bergoglio ai capi di stato europei, sottolineando che “nel nostro mondo multiculturale tali valori continueranno a trovare piena cittadinanza se sapranno mantenere il loro nesso vitale con la radice che li ha generati. Nella fecondità di tale nesso sta la possibilità di edificare società autenticamente laiche, scevre da contrapposizioni ideologiche, nelle quali trovano ugualmente posto l’oriundo e l’autoctono, il credente e il non credente”.
Non sono parole scontate. Parlando con conoscenti giapponesi, questi mi evidenziavano la distanza tra le nostre culture, ma anche il fascino e la bontà che emanava dalla nostra cultura cristiana. Che per un orientale, un musulmano, un indiano, è assai più forte di quel che non pensiamo noi. E’ una radice, che non solo regge l’albero, ma dalla quale si nutre la pianta.
La crisi mondiale ha messo a dura prova l’unità europea. Di fronte a un’Europa volutamente senza radici, quale collante è rimasto? L’economia e l’opportunità? La convenienza? Non ci lamentiamo allora di Brexit, e di altre uscite, se la base del nostro stare insieme è fondata sulla convenienza. Su tali basi probabilmente nemmeno l’Italia sarebbe unita. Invece siamo insieme, perchè pur sentendoci toscani, italiani, di fronte a uno straniero siamo consapevoli che esista un essere europei, con una matrice culturale simile. Questo ci rende un popolo fatto di tanti popoli. Cosa che non può avvenire con la Turchia, e le recenti provocazioni di Erdogan lo comprovano definitivamente. Se l’Europa non riscoprirà presto la sua identità, finirà come appunto finisce una pianta senza radici: o portata via dal vento, o seccata dall’aridità.
Possa un’Europa solidale riscoprirsi tale non sul sentimentalismo o sulla convenienza dell’attimo, ma nella consapevolezza di essere un corpo, maturato all’ombra della civiltà greca e romana, nutrito dal sangue cristiano, e da tutta la nostra cultura e letteratura, nella quale l’Italia ha un ruolo grandioso. Possa rifondarsi un’Europa che non ha paura di parlare di sè stessa, a partire di chi l’ha forgiata. Solo così l’incontro di Roma avrà un senso. E solo cosi i paesi più ricchi, potranno porre le basi per una crescita comune.