Un Governo senza Politiche agricole? Secondo il toto-ministri delle ultime ore sembrerebbe proprio così. Potrebbe far parte del nuovo disegno di governo che ha in testa il sempre più probabile premier Mario Monti, che affiderebbe – il condizionale è d’obbligo – il settore agricoltura e agroalimentare ad un sottosegretario, magari dello Sviluppo economico. Su (e contro) questa eventualità sono già intervenuti i presidenti delle Commissioni Agricoltura di Camera (Paolo Russo) e Senato (Paolo Scarpa Bonazza Buora) e le organizzazioni di categoria, che riferendosi alla fase attuale che vede la nuova Pac in via di definizione (un boccone da 5,5 miliardi di euro per l’Italia), sono convinti che una assenza della rappresentanza della nostra Agricoltura rappresenti un grande indebolimento per l’intera economia del settore.
Ma insomma, parliamoci chiaro, è vero che tutti noi vorremmo un Mipaaf solido e pimpante, in grado di rialzare le sorti del settore primario e degli agricoltori italiani che in questi anni hanno visto precipitare i profitti e impennare i costi di produzione. Tutti noi vorremmo un palazzo di Via XX Settembre pieno di contenuti, di idee e di risorse (vere e tante) per realizzarle. E’ stato così negli ultimi (molti) anni? Nient’affatto. Se si pensa che negli ultimi due anni abbiamo avuto tre ministri, di cui il primo – il leghista Zaia – interessato quasi esclusivamente alle vicende padano-venete (vedi quote latte e scandali sui vini toscani), tant’è che ha lasciato, poco dopo, la poltrona agricola per quella del Veneto. Lo sostituisce un altro veneto, Galan, anch’esso ex governatore, che però fin da subito fa capire che le politiche agricole, agroalimentari e forestali non sono il pane per i suoi denti, e anche lui, dopo qualche mese lascia via XX settembre per sostituire Bondi caduto fra le rovine di Pompei, e si dedica alla mostra del cinema, con un altro entusiasmo. Dopo il voto salva-Berlusconi del 14 dicembre ecco il “responsabile” Saverio Romano, conosciuto fino ad allora per qualche presunto guaio giudiziario, per due inchieste (una per concorso esterno in associazione mafiosa, l’altra per corruzione), tanto che Napolitano si prese una pausa di riflessione per la sua nomina.
Un quadro condito da un’assenza di risorse per l’agricoltura: tradotto, se dall’Economia non arrivano gli euro, le politiche agricole non stai a farle. E allora, se questo è lo stato dell’arte, può far così scalpore un Governo senza Agricoltura? Noi pensiamo che il Mipaaf vada comunque conservato, magari potremmo accorparlo all’Ambiente, ma dopo tutto una rappresentanza delle Politiche agricole ci vuole. Perché, è forse inutile ricordarlo, l’agricoltura vuol dire made in Italy (o vogliamo farci invadere dai prodotti cinesi o di chissà dove?); vuol dire qualità e sicurezza alimentare per i consumatori italiani; vuol dire un valore aggiunto economico dei territori rurali senza uguali – vino, prodotti tipici, turismo, agriturismo, ecc -, vuol dire salvaguardia di ambiente e territorio, intesi sia come paesaggio (bello da vedere) sia come dissesti idrogeologici e catastrofi (frane, alluvioni) da evitare. L’agricoltura è l’Italia, da lì veniamo. E allora sì ad un Ministero, ma che questo sia uno strumento efficace, che sia in grado di reperire risorse e di creare investimenti ed un futuro per la nostra agricoltura…e per i nostri agricoltori. Ci pensi anche il professor Mario Monti.