museoLeggo con piacere del successo registrato nel mese di luglio dai musei nazionali, grazie alle novità introdotte dal Ministro dei beni culturali e del turismo, Dario Franceschini: ingresso gratuito la prima domenica del mese, aperture prolungate serali il venerdì, nuova tariffazione.

Personalmente, i dati non mi commuovono, ma li riporto per dovere di cronaca: «nei 252 musei, siti archeologici e monumenti statali di cui finora sono pervenuti i dati definitivi, nel mese di luglio si è registrata una crescita del 10,7% di pubblico e del 10,6% degli introiti, con un significativo apprezzamento dell’iniziativa del prolungamento serale degli orari del venerdì. Sono stati difatti 2.964.962 i visitatori in questi luoghi della cultura nel mese appena trascorso contro i 2.765.680 dello stesso mese del 2013, mentre gli incassi lordi ammontano in questo periodo a 12.154.256 euro contro gli 11.400.052 dello scorso anno. I visitatori che non hanno pagato il biglietto sono passati da 1.297.046 a 1.395.648».

Bene. La mia opinione è che si tratta di una delle solite sorprese di questo nostro straordinario Paese: cioè quelle cose ovvie, ma che nessuno sembra aspettarsi. Se educatamente invitati, anche gli italiani vanno al museo. In altre parole, se crei le condizioni giuste per una visita, e fai un’opportuna opera di comunicazione e tutte le televisioni, i giornali ed i siti web di informazione ne parlano – generando a loro volta migliaia di tweet e di post su Facebook – ecco che le persone colgono volentieri l’invito per andare al museo. Magari proprio quello della nostra città, che sta sempre lì a portata di mano e, proprio per questo, non ci andiamo mai.

Tanti anni fa un direttore di museo mi disse: «Meno gente viene e meglio è: tanto sono ignoranti, non capirebbero nulla delle opere, e con il loro respiro ed il loro sudore provocherebbero soltanto danni alle opere».

Non era affatto un cattivo direttore, anzi era persona di grande valore culturale ed intellettuale, ma esprimeva, senza ipocrisie, un sentimento preciso, che spiega in gran parte il motivo per cui i musei italiani sono così spesso semivuoti.

E indubbiamente più piacevoli da visitare per chi, invece, ci capisce.