Ormai il tempo stringe, le elezioni politiche si avvicinano e anche quelle amministrative per Siena città. Ma se per quelle politiche il Partito Democratico sembra avere il vento in poppa, dopo il successo delle doppie primarie di coalizione, per quelle amministrative al Comune di Siena regna l’incertezza. Figlia, forse, di una paura del futuro che potrebbe compromettere definitivamente gli schemi su cui è nato e si è fondato il Pd. Mentre il Pd cittadino guidato da Giulio Carli plaude alle primarie «libere e democratiche» e punta senza indugio sul cavallo Franco Ceccuzzi, autocandidatosi da oltre un mese, quello provinciale non si è ancora espresso, bloccato com’è da mille equilibri difficili da mantenere.

Ceccuzzi, una candidatura fuori dal partito La candidatura dell’ex sindaco, infatti, è nata fuori dal partito, una mossa «forzata» per tentare di portarsi dietro tutto il partito che però dietro non c’è. Lo si è visto all’ultima iniziativa pubblica di mercoledì 5 dicembre, quando la saletta dei Mutilati ha dato un’aura di tristezza alla corsa in solitaria dell’ex sindaco. Ceccuzzi sa, e sapeva da tempo, di essere rimasto solo rispetto al partito regionale (dove ha senz’altro voce in capitolo anche Alberto Monaci) e al partito nazionale (dove lo stesso Bersani, quando è stato a Siena per la sua chiusura della campagna delle primarie non è stato troppo espansivo con il candidato a sindaco, a detta dei presenti). Fuori dal partito sono poi le iniziative che il suo comitato elettorale prende per coinvolgere le persone. In molti ad esempio non hanno gradito l’invito a seguire i risultati delle primarie nel suo quartier generale in via Montanini quando un tempo simili serate venivano passate in Federazione o nei circoli tra gli iscritti e i simpatizzanti. Quello che cerca di fare Ceccuzzi, insomma, è dare di sé un’immagine di discontinuatore anche verso il suo stesso partito. Nella speranza però che questo lo segua docile fino alle primarie.

Primarie sì per la legittimazione Già , le primarie. Qui si apre un capitolo dolente perché Ceccuzzi ne ha bisogno come il pesce del mare per potersi definitivamente legittimare. Nel 2010, infatti, la sua candidatura passò da un accordo stretto con Alberto e Alfredo Monaci, senza la «opportunità delle primarie», come oggi le chiama Carli. Questo è stato un peccato che in molti ancora oggi rinfacciano all’ex sindaco, reo poi di aver disatteso e rotto quello stesso accordo. Ma al momento non si profilano candidati disposti a sfidarlo. Sebbene in città ci siano le personalità in grado di affrontarne il confronto. Certo è che lo stesso Ceccuzzi gradirebbe candidature deboli e poco fastidiose, meglio se concordate, ad esempio con le forze politiche alleate. E così ecco che i Riformisti anziché i loro uomini di punta Riccardo Martinelli e Leonardo Tafani, sarebbero orientati (forse per non disturbare troppo l’ex sindaco) a presentare un nome di levatura ma con poco appeal popolare per fare bella figura e sedere poi al tavolo del vincitore. Lo stesso vorrebbero fare Mauro Marzucchi, che si è ritrovato a gestire il marchio di SienaFutura, collegato al movimento di Luca Cordero di Montezemolo, «troppo ingombrante» per avere le mani completamente libere, e i giovani di Sel, Alessandro Cannamela, Gabriele Berni e Michele Menchiari.

Ceccuzzi e la maggioranza smarrita All’appello delle primarie del centrosinistra però mancherebbe un altro candidato. Quello del Partito Democratico. Già perché ammesso che Ceccuzzi riuscisse ad avere con sé gli alleati Riformisti, Futuristi e Vendoliani, di sicuro non riuscirà mai ad unire ciò che, soprattutto nell’ultimo anno, ha contribuito a dividere. Cioè le molte anime del suo partito. Con il rischio, nemmeno troppo difficile da prevedere che né il gruppo dei Monaci, né quello di una certa Cgil, né quello che fa capo all’ex sindaco Cenni e altre personalità lo appoggeranno mai. Insomma, per la prima volta, Ceccuzzi non avrebbe la maggioranza del suo partito dalla sua. E se Giulio Carli non se ne preoccupa e tira dritto minimizzando, dovrebbe forse preoccuparsene il segretario provinciale del Pd, Niccolò Guicciardini, che rischia di avere in provincia un movimento di renziani che forti del 63% ottenuto chiederanno conto di un comportamento “pilatesco” nella città capoluogo.

I renziani e la voce della provincia Il sindaco di Monteriggioni, Bruno Valentini, in questo senso è stato chiaro. E all’ultima assemblea di Intesa dello scorso 30 novembre ha dimostrato di riuscire a portare dalla sua parte molti sindaci fino a boicottare le proposte della segreteria provinciale per il nuovo presidente (era stato proposto Massimo Bianchi ma è stato stoppato in quanto accusato di essere «uomo di stretta osservanza ceccuzziana»). Una prova di forza che potrebbe avere altri scenari e altre battute d’arresto in tutta la provincia così come lasciato intendere in un post su Facebook da Valentini: «Pensate davvero che dopo questa mareggiata, l’opportunità di aprire le primarie di Siena ad altri candidati oltre a quelli partoriti ufficialmente dal PD, possa essere decisa a tavolino da un capriccio di Renzi o, peggio, da accordi sottobanco degni della peggiore politica incarnata finora dai dinosauri che siedono in Parlamento da innumerevoli mandati? Non è lo stile di Renzi. È lontano anni luce da quel progetto che ha fatto scendere in campo un milione di italiani, molti dei quali lontani o delusi dalla politica tradizionale. Vi dico di più, è un anelito di rinnovamento che va oltre la figura di Renzi perché non l’ha inventato lui. Era lì e lui l’ha ben rappresentato. Per quanto mi riguarda, non pendo dalle labbra di Renzi. Ho già espresso le mie opinioni e mi rifiuto di credere che Siena non sappia esprimere una gamma di alternative capaci di esprimere potenzialità e meriti all’altezza della drammatica sfida dei prossimi anni, che saranno segnati dai fallimenti e dagli sbagli dei tempi recenti».

L’uomo nuovo e l’uomo solo E allora forse, si chiede qualcuno, sarà il caso di riuscire a ricondurre ad unità tutto il partito, nonostante Ceccuzzi. Far convergere le mille anime del Pd su un altro nome, un uomo nuovo, una personalità fuori dai giochi che sappia valorizzare tutte quelle sensibilità oggi in contrasto. E lanciare da Siena un modello a tutto il Pd nazionale che, dopo le primarie, si sa ricompattare di fronte alle sfide elettorali. Matteo Renzi è stato chiaro. Non vuole un «suo» candidato a sindaco (con il rischio di vedersi magari bruciare quel valore del 63%) ma non vuole nemmeno rimanere escluso dalla vita interna al partito, e di certo non potrà appoggiare chi ha gestito a Siena la politica negli ultimi 15 anni. Insomma, questa settimana sarà forse decisiva per capire se il Partito Democratico a Siena c’è. Se c’è batterà senz’altro un colpo, un colpo nel segno del rinnovamento ma anche nella continuità e unità politica. E potrebbe non essere un colpo gradito al candidato «solo» Ceccuzzi.

Ah, s'io fosse fuoco

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