Siena, il giorno dopo. La più grande manifestazione sindacale che si sia mai svolta per le strade della città è finita da poche ore. I montepaschini di tutta Italia sono ritornati a casa, arrotolando le loro bandiere e rimettendo in tasca i loro fischietti. A Siena però sono rimaste le polemiche. Alcune surreali, altre che invitano alla riflessione.
Partiamo da quelle surreali. Ieri, con la manifestazione in corso, c’era chi in strada e sui social network provava a sostenere la tesi che «si, loro scioperano ma sono pur sempre lavoratori iper-garantiti», oppure «tanto chissà chi ce li ha messi in banca se non la politica», o anche in modo ironico « sono tanti in piazza perché ogni dipendente si è fatto accompagnare dal politico che lo ha spinto».
Ora, è vero che il Paese è nella situazione in cui è per tante ragioni. E il fondo ancora non sembra toccato. Ma non è certo mettendoci gli uni contri gli altri che si risolvono le cose. Anzi, si possono solo peggiorare. Normalmente ogni manifestazione sindacale dovrebbe invitare alla solidarietà chi non è direttamente coinvolto, oppure alla riflessione sulle ragioni che hanno portato migliaia, in questo caso, di persone a manifestare. Ma raramente si era sentito in giro il tentativo di contestare lavoratori in sciopero. Ogni lavoratore ha il diritto a veder rispettato il suo contratto. Punto. Sia quale che sia. E per certe forze politiche che si dichiarano di sinistra queste dovrebbero essere regole sacrosante da rispettare
Altre polemiche hanno riguardato il fatto che i manifestanti non hanno avuto modo, se non in forma improvvisata, di ascoltare il comizio conclusivo, come si addice a conclusione di ogni manifestazione. Questa volta, invece, niente palco, niente sindacalisti, niente di niente. Un po’ strano in effetti. Ci sono stati anche momenti di tensione in piazza Salimbeni per questo. La piazza, in effetti, era troppo piccola. Ma un sindacalista che rinuncia a parlare è come un lupo che rinuncia a mordere. Non è nella sua natura. E sul perché i sindacati dei bancari abbiamo rinunciato a farlo invita alla riflessione.
Tutto questo, nessuno me lo leva dalla testa, ha a che fare con l'assenza di una sinistra riformista in Italia.