PRATO – Scarti tesili del distretto pratese abbandonati in capannoni industriali in disuso della Toscana, del Veneto e della Campania.
E’ quanto scoperto dalla Dda di Firenze, che nei giorni scorsi ha chiuso le indagini preliminari, condotte dai carabinieri del Noe, a carico di 19 persone e 6 aziende, accusate a vario titolo di reati che vanno dall’associazione per delinquere finalizzata al compimento di un traffico organizzato di rifiuti, alla truffa e alla gestione illecita di rifiuti. Le notifiche dei provvedimenti di chiusura indagini sono in corso di esecuzione in Toscana, Veneto, Lombardia, Piemonte, Emilia Romagna, Lazio e Campania.
Secondo quanto spiegato dai carabinieri, i rifiuti, invece di essere trattati e smaltiti, venivano accumulati in capannoni in disuso in zone isolate, situato nelle province di Prato, Pistoia, Verona, Vicenza, Padova, Rovigo e Salerno. In circa tre mesi sarebbero state gestite in questo modo circa mille tonnellate di scarti tessili, con un guadagno di almeno 250mila euro. Le indagini sono partite all’inizio del 2019, dal controllo in una ditta di gestione rifiuti di Prato, in via per le Case Nuove.
I militari del Noe, dopo aver appreso che i titolari progettavano di incendiare l’azienda a seguito delle loro verifiche, avevano sequestrato l’intero impianto e appurato numerose violazioni ambientali. A seguito dei provvedimenti giudiziari, culminati tra l’altro nell’emissione di otto avvisi di garanzia nel febbraio del 2021, la compagine societaria ha ceduto l’attività a un altro gruppo, finito al centro delle indagini appena chiuse dalla Dda. La ditta, intestata formalmente a una donna residente in Lombardia, sarebbe gestita di fatto dal padre e da un socio occulto, con la complicità di un imprenditore del Pistoiese. Sempre in base a quanto accertato dai carabinieri del Noe, coordinati dal pm Leopoldo De Gregorio, gli imprenditori, privi delle necessarie autorizzazioni, in breve tempo di sarebbero imposti nel ritiro dei rifiuti costituiti da scarti tessili e della pelle presso le ditte del Pratese, grazie a prezzi molto bassi.
I rifiuti, ritirati in sacchi neri, sarebbero stati però stipati nel capannone delle ditta senza essere trattati. Poi, una volta trasformati formalmente in merce attraverso il meccanismo del ‘giro-bolla’, venivano portati con dei tir in capannoni in disuso in Toscana, Veneto e Campania, grazie alla collaborazione di alcuni complici e di ditte di trasporto compiacenti. Gli indagati avrebbero anche tentato di inviare i rifiuti in Polonia e Bulgaria per l’incenerimento, ma avrebbero rinunciato per i costi troppo alti.