ROMA – Da Beirut all’Italia, in cerca di un futuro. Stamani sono sbarcati all’aeroporto di Fiumicino 62 rifugiati siriani, provenienti dal Libano. Altri 18 lo faranno il 6 dicembre.
Arrivi promossi dalla Comunità di Sant’Egidio, federazione delle Chiese evangeliche in Italia e Tavola valdese, attraverso i corridoi umanitari, in accordo con i Ministeri dell’Interno e degli Esteri. Dal febbraio 2016 hanno portato in salvo in Italia, solo dal Libano, più di 2.700 persone.
Con i corridoi umanitari sono arrivati questa mattina all’aeroporto di Fiumicino dal Libano 62 rifugiati siriani, tra cui 25 minori, che hanno vissuto a lungo nei campi profughi libanesi e in alloggi precari alla periferia di Beirut. Altri 18 ne arriveranno la prossima settimana, il 6 dicembre, sempre con un volo proveniente dalla capitale libanese. Promossi da Comunità di Sant’Egidio, Federazione delle Chiese evangeliche in Italia e Tavola valdese, in accordo con i Ministeri dell’Interno e degli Esteri, dal febbraio 2016 i Corridoi umanitari hanno portato in salvo in Italia, solo dal Libano, più di 2.700 persone. Complessivamente in Europa sono giunti oltre 6.700 rifugiati.
I nuclei familiari, dopo i controlli di Polizia di Frontiera e il saluto di “Benvenuti in Italia” che verrà dato loro al Terminal 5 dal presidente della Comunità di Sant’Egidio, Marco Impagliazzo, Marta Bernardini, coordinatrice di Mediterranean Hope per la FCEI, Francesco Zito, direttore Centrale dei servizi civili per l’immigrazione e l’asilo presso il Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione del ministero dell’Interno, e Valentina Setta, capo unità dei Visti della Direzione italiani all’estero e immigrazione, in rappresentanza del ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, lasceranno quindi l’aeroporto.
Saranno successivamente accolti in diverse regioni italiane (Lazio, Toscana, Calabria, Liguria, Umbria, Lombardia, Puglia, Abruzzo, Campania e Piemonte), in parte grazie ai loro parenti, giunti in precedenza con i corridoi umanitari e ormai bene integrati nel nostro Paese, in parte in case messe a disposizione da famiglie italiane e associazioni che li accompagneranno poi nel percorso di integrazione, grazie all’apprendimento della lingua italiana e, una volta ottenuto lo status di rifugiato, all’inserimento nel mondo del lavoro.