Nel giorno di Sant’Ansano, patrono un po’ dimenticato perfino nella “funzione collegata” alla sua festa, dell’inizio dell’Anno Contradaiolo, si apprende dal Sole 24 Ore che Siena è tra le prime dieci città in Italia quanto a vivibilità. Per la precisione è nona. Batte tutti quanto alla bassa incidenza di divorzi e separazioni: segno di stabilità della famiglia o di ipocrisia conveniente, ognuno la intenda come gli pare.
Essere la nona città d’Italia per la qualità della vita, riaprirà ora gli insopportabili contrappunti: i governativi ad esaltare, i contras a sminuire la classifica. Eppure è innegabile che a Siena si viva bene: perché siamo immersi nella bellezza; perché la rete della solidarietà sociale è fitta; perché ci sono le Contrade bellissime sempre, un po’ meno nelle invernate di commissioni elettorali; perché le terre senesi sono ineguagliabili; perché i nostri figlioli vanno all’Università di Siena, il vino, l’aria buona, le donne belle e tanti altri perché.
Non importa che per andare al cinema si debba scegliere tra metropoli come Poggibonsi, Sinalunga e Chiusi. Neppure che la gente opti sempre di più, per i propri acquisti soprattutto di abbigliamento, per outlet extramoenia. Non importa che i parcheggi siano tra i più cari d’Italia. Non importa neppure che siano in crisi le maggiori istituzioni cittadine, il Monte, la Fondazione, la Chigiana, e che altre siano immerse nei debiti, come il Comune e l’Universita. Alla classifica nulla importa della valanga di processi aperti, da Ampugnano a MilleVini, dall’Antonveneta al buco all’ateneo, dalla Mens Sana al Siena. Nella classifica della vivibilità non si sa se sia compreso il fatto che i senesi abbiamo perso la fiducia in ogni cosa che abbia un minimo di imprinting istituzionale. O che la politica si dibatta in continue affermazioni di principio, tanto estenuanti quanto percepite come sterili, sul rinnovamento. Perché in realtà dominano ancora i ras dello sfascio.
Non tiene conto, la classifica, neppure di un certo distacco dalle proprie tradizioni peculiari, perfino dalla cultura contradaiola. Nelle scuole il Comitato Amici del Palio segnala non conoscenza e lontananza di tanti bambini dai riferimenti contradaioli. E oggi che è Sant’Ansano, in un periodo di sfascio e crisi nera per la città, la ricorrenza indurrà i senesi a una condivisa riflessione di appartenenza e orgoglio sul bene comune, che prima di tutto è Siena? Ho qualche dubbio. E personalmente più che l’orgoglio di Montaperti, mi piacerebbe che la città ritrovasse l’orgoglio intransigente per chiudere la strada ai restauratori del recente passato, quello in cui la città è stata depredata, e anche l’orgoglio per il proprio futuro.
Tutto questo non importa, e comunque visto che negli ultimi venti anni ho vissuto in giro tra Toscana e Umbria, confermo che Siena è parecchio meglio. Per amore e per forza. Dunque, conta il nono posto nella classifica del Sole 24 Ore. Conta che Siena è vivibile. Il problema è capire quanto sia ancora viva.