Una grande partecipazione di agricoltori, allevatori, trattori a San Quirico d’Orcia per la Giornata del Ringraziamento della Coldiretti senese che si è svolta ieri alla Chiesa della Collegiata. La tradizionale ricorrenza si svolge ogni anno in tutta Italia dal 1951, e viene festeggiata dalla Coldiretti con una manifestazione promossa dalla Conferenza Episcopale Italiana (Cei) per rendere grazie per il raccolto dei campi e chiedere la benedizione sui nuovi lavori.

«Un evento che ha dato lustro al nostro comune – sottolinea il sindaco di San Quirico d’Orcia Valeria Agnelli -, onorati di aver potuto accogliere l’evento provinciale della Coldiretti; un appuntamento che valorizza e qualifica l’agricoltura del nostro territorio che è sinonimo di paesaggio oltre che di produzioni di eccellenza dall’importante valore economico. L’agricoltura in Val d’Orcia assume anche un valore estetico e paesaggistico molto alto, il ruolo degli agricoltori va oltre quello produttivo; grazie al loro lavoro quotidiano si ha un presidio idrogeologico fondamentale ed il mantenimento delle nostre colline e dei paesaggi che tutto il mondo ci invidia».

Così le strade di San Quirico d’Orcia si sono presentate addobbate di bandiere gialle Coldiretti per accogliere ed indicare il passaggio agli agricoltori e ai mezzi agricoli, per l’evento che ha visto la presenza, oltre che dei vertici dell’organizzazione di categoria – fra cui direttore Simone Solfanelli ed il delegato di zona Luigi De Angelis  – anche Raffaella Senesi, sindaco di Monteriggioni in rappresentanza della Provincia di Siena ed un vicario della curia di Siena che ha celebrato la messa con il parroco della Collegiata Don Luca Vallarin.

«Una manifestazione che ha radici profonde e che viene dalla nostra tradizione rurale – commenta il vicesindaco Luciano Gorelli, assessore all’agricoltura -. Il comparto agricolo di questo territorio esprime grandi produzioni di eccellenza, su tutte il vino e l’olio, oltre al grano, storicamente una produzione rinomata in Val d’Orcia. Settore cerealicolo che sta però vivendo oggi una profonda e duratura crisi di mercato, condizionata dalle massicce importazioni da altre aree di produzione del mondo ed utilizzate dai grandi marchi della pasta italiana. Bisogna arrivare ad avere una sicurezza maggiore sul grano che finisce nella nostra pasta, così come è avvenuto per l’origine obbligatoria in etichetta per altre materie prime, come il latte. Inoltre andrebbe valorizzata maggiormente la vocazione cerealicola della Val d’Orcia, riuscendo a chiudere localmente la filiera, dal grano alla pasta per dare un valore aggiunto e maggiore remunerazione agli agricoltori, oltre ad un prodotto di qualità ai consumatori, affiancando gli oli, i vini, i formaggi rinomati e valorizzati nei mercati».