Dopo l’Italia della Grande Bellezza, siamo nell’era della Grande Stoltezza.
Mi riferisco all’umiliazione continua, e prorompente, di quel che resta della nostra identità cristiana. Che lungi dal rappresentare il “credo” di noi tutti, continua ad essere, volenti o nolenti, la radice, ma anche buona parte del tronco e qualche ramo del nostro essere quotidiano. Mi riferisco alla recente inaugurazione della “Sala del silenzio”, presso l’ospedale delle Scotte di SIena. Fra i primi d’Italia (in Toscana c’è già a Careggi a Firenze).
La Direzione ospedaliera e la Regione Toscana, forse pensando di essere ancora negli anni ’70, hanno deciso di realizzare un (non) luogo dove ipotetici familiari o amici dovrebbero raccogliersi per un commiato ai propri cari.
In un loco forse accogliente ma privo di simboli religiosi, dove tutte le religioni possano avere ospitalità. Oltre ai cattolici, anche induisti, buddisti, valdesi, ebrei, musulmani, anglicani, mormoni, ortodossi, ecc. ed anche atei.
Questo secondo questi teologi del buonismo. Faccio una veloce profezia: in questa sala non metteranno piede nè buddisti, nè musulmani, nè ebrei nè induisti nè altri. Forse qualche ateo o qualche ex sessantottino. Non è un gesto di bontà, nè di apertura. E’ una stupidità politica, ed è un mettere la politica dentro alla religione, e alla cultura intima di un popolo.
Gli stranieri non ci chiedono questo. Come noi non lo chiederemmo se andassimo in altro paese. Noi italiani non abbiamo dei problemi verso le altre religioni. Abbiamo casomai un problema verso la nostra di religione, che mettiamo in cantina per fare bella figura con gli altri, e per farci vedere più buoni. Ma stiamo segando il ramo sul quale siamo seduti, perchè i nostri valori sono quelli che dettano i modi della convivenza.
Un estremista, un violento fanatico dell’Islam, non potrà che gridare “vittoria”.
Dovremo piuttosto lasciar parlare gli uomini di fede, cercando i punti di convergenza tra i pensieri alti delle teologie secolari. Non è improvvisando una sala atea, offensiva verso chi crede, che si risolvono i conflitti. E’ come se di fronte alla minaccia dell’Isis ci chiudessimo gli occhi e girandoci dall’altra parte si aspettasse che passa, come la “bua” da piccini. Ma probabilmente è questo il nostro atteggiamento, dal quale non riusciamo a rialzarci.