Volterra – E’ stata presentata questa mattina nel chiostro di Palazzo Minucci Solaini di Volterra (Pisa), sede della pinacoteca comunale dove è custodita la ‘Deposizione dalla Croce’ di Rosso Fiorentino, la mostra Rubeus et alii’, che con opere degli artisti contemporanei Ugo Riva e Elena Mutinelli omaggia il capolavoro manierista a 500 anni esatti dalla sua realizzazione.
All’inaugurazione ha partecipato il critico d’arte Vittorio Sgarbi. “La ‘Deposizione’ è un capolavoro che ispira chiunque arrivi in questa città, un’opera che arriva a occupare tutta la tua mente. “Questa mostra è un omaggio corretto ai 500 anni della Deposizione – ha detto Sgarbi – che si compone del blocco di marmo potente dell’artista Elena Mutinelli e della rappresentazione più intimistica dell’artista Ugo Riva”.
Ideata e organizzata dalla gallerista Francesca Sacchi Tommasi, la mostra curata da Antonio Natali e da Elisa Gradi è ispirata al rapporto affettivo e di rispetto che lega gli artisti di oggi a Giovan Battista di Jacopo di Gasparre, detto il Rosso Fiorentino – che si firmava Rubeus – capace di concepire un’opera tanto contemporanea come la Deposizione. La mostra proseguirà fino a fine agosto e l’esposizione sarà arricchita dal catalogo edito da Capire edizioni, su cui troveranno spazio, oltre a un importante apparato fotografico, i saluti istituzionali, i testi dei curatori e una poesia di Davide Rondoni.
In totale sono in mostra cinque opere progettate e realizzate appositamente per questa mostra-omaggio e, nonostante i due artisti siano lombardi – Ugo Riva è bergamasco e Elena Mutinelli è nata a Milano – sedotti dal fascino del capolavoro manierista di Rosso Fiorentino e provenienti da esperienze artistiche assai diverse, entrambi hanno scelto di utilizzare materiali tipici della Toscana: la terracotta policroma e il marmo di Carrara. Con la curatela di Antonio Natali (già direttore della Galleria degli Uffizi), Riva propone a Volterra quattro opere in terracotta, la prima delle quali – dal titolo Solitudine – è stata realizzata durante i mesi del primo lockdown. In essa le diverse figure appaiono nell’atto di fuggire o disperarsi e non mancano simbologie e richiami a capisaldi della pittura rinascimentale fiorentina.
«Sono innamorato da sempre di Rosso Fiorentino – dice l’artista – a tal punto che già nel 1994 gli avevo dedicato una piccola scultura intitolata Le inquietudini del Rosso, dove risaltavo i cambiamenti rivoluzionari nell’arte di cui lui era stato protagonista. Poi rifeci quella scultura, un po’ più grande, nel 2010 per il “Four Seasons” di Firenze, dove tuttora si trova. Arriviamo così a questo progetto, pensato per essere mostrato sul pozzo del chiostro di Palazzo Minucci Solaini e realizzato in terracotta, di cui in Toscana c’è una grande scuola, un materiale che mi dà un immenso piacere. Rispetto al progetto iniziale, alla fine si è rivelato un lavoro di sottrazione: ho eliminato la croce, che mi pareva anche banale, e le figure appaiono tutte come se fuggissero da un qualcosa di terribile. Ma perché? Perché in mezzo c’è stato il Covid. Io ho passato un anno da solo in studio, con i miei amici più cari che piano piano perdevo uno ad uno a causa della malattia, vivendo una solitudine tremenda, perché nel momento del dolore ognuno è solo con sè stesso. Da cui il titolo dell’opera. Infatti nell’opera le figure non si toccano, in pianodi appoggio è pieno di squarci e ferite e perfino la Madonna ha le braccia alzate. Non c’è alcun gesto di condivisione».
L’artista bergamasco espone a Volterra altre tre opere: la prima si intitola Sine pietas et amor Dei, un’immagine cruda, violenta che pare un bue squartato, con sotto il Cristo deposto e il tutto inserito in una nicchia religiosa. La terza scultura, Stabat Mater, è un richiamo alla speranza: si tratta di un altarolo, realmente proveniente da Napoli, in cui Riva vi ha modellato una “Deposizione”. Infine, con Eros e Thanatos l’artista risalta la sensualità di Rosso Fiorentino, però senza staccarsi troppo dal tema della morte. La prima delle due figure è tratta da un Cristo di Rosso in mezzo a due grandi chiodi, mentre la seconda raffigura Cleopatra, in tutta la sua sensualità. Con la curatela di Elisa Gradi, la milanese Elena Mutinelli porta a Volterra ‘Manifesto Principio’, scultura in marmo di Carrara alta quasi 170 centimetri, che ha richiesto un lungo lavoro di progettazione e di realizzazione e che ha potuto contare sul fondamentale sostegno della Mondial Granit Spa di Ragusa. Un Cristo morto, ma che sappiamo risorgerà, è la figura che “esce” da un blocco di marmo inarcandosi all’indietro, sorretta da due figure che a malapena si percepiscono stagliarsi dalla materia grezza: in particolare una mano, che pare viva, sorregge la testa del Figlio di Dio e dà l’immagine della morte e allo stesso tempo della vita che di lì a poco trionferà.
«In questa mia opera in marmo – afferma la scultrice milanese – ho voluto raffigurare la ciclicità teatrale tra la vita e la morte. Quando ho pensato alla Deposizione di Rosso Fiorentino mi è apparsa in mente un’immagine ferma, quasi allucinatoria, che mi ha portata a lavorare in maniera veloce. Ho sperimentato quindi, ben dopo i 50 anni, un modo nuovo di lavoro. Non pensavo potesse accadermi. E ciò ha creato in me una suggestione fortissima. Mi ha sedotto l’idea, ma soprattutto l’immediatezza di visione dell’opera nel blocco di marmo. Ho scelto questo materiale perché, essendo una concezione estremamente teatrale, volevo si rivelasse anche viva, palpitante e allo stesso tempo monumentale. Come solo una scultura in marmo può essere, che pare si muova, che permette sbalzi fortissimi di materia nel blocco, simboli di vita».