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Daniele Bernardini, sindaco di Bibbiena

Ormai è definitivo. La Conferenza dei Sindaci ha firmato il patto che ridisegna la sanità della vallata. Tanti i cambiamenti in arrivo. Il più grande è anche quello al centro di mille polemiche: la chiusura del punto nascita dell’ospedale di Bibbiena, l’unico della valle. «Siamo molto dispiaciuti – spiega Daniele Bernardini, sindaco di Bibbiena e presidente della Conferenza Socio Sanitaria dei Sindaci del Casentino.

Perché inevitabile?

«Per i numeri.  Per mantenere attivo un punto nascita devono registrarsi almeno 500 nascite annue. A Bibbiena nel 2015 ce ne sono state solo 173. In più, negli ultimi anni, tutte le gravidanze a rischio venivano dirottate ad Arezzo e Firenze. Gli stessi ginecologi cercavano di eliminare qualsiasi rischio praticando oltre il 30% di parti cesarei, ben oltre il 15% che è nella norma».

Con la firma di questo accordo cosa cambierà per i cittadini di Bibbiena e gli abitanti del Casentino?

«Io e gli altri sindaci della Conferenza abbiamo cercato di scongiurare questa chiusura. Ma una volta capito come sarebbero andate le cose abbiamo scelto di non alzare barricate contro la Asl Toscana. Abbiamo lavorato insieme all’azienda sanitaria per dare vita ad un forte patto territoriale. Da questo accordo deriverà l’attivazione di tanti nuovi servizi, uniti alla tutela di quelli vecchi».

Perdere il punto nascita significa compromettere la funzionalità dell’intero percorso?

«Assolutamente no, è il contrario. Il percorso nascite sarà migliorato e rimarrà tutto in carico a Bibbiena, tranne che per le 48 ore del parto in cui ci si dovrà recare ad Arezzo. Il nuovo percorso prevede tutta una serie di visite ginecologiche e pediatriche a domicilio. Nell’ospedale saranno attivati degli ambulatori pediatrici aggiuntivi. Ci sarà un day service pediatrico, sarà rafforzato l’ambulatorio allergologico e attivato l’ambulatorio pneumologico pediatrico. Tutta l’attività di chirurgia ginecologica sarà potenziata e verrà introdotta la chirurgia del pavimento pelvico. È in arrivo anche la nuova strumentazione per la diagnostica ginecologica isteroscopiaca».

Che cosa cambierà negli altri reparti?

«Avremo finalmente uno specialista ortopedico a supporto del pronto soccorso per 20 ore a settimana. Ci sarà una nuova automedica, con a bordo medico e infermiere, per le strade del Casentino. Raddoppierà anche il numero delle ambulanze blsd in circolazione. Al pronto soccorso entrerà in vigore la piastra dell’emergenza. L’attività del consultorio sarà potenziata anche con la presenza dell’ambulatorio ginecologico da due a tre volte a settimana. Sarà realizzata la rete clinica integrata, dove specialisti ospedalieri e medici di medicina generale gestiranno le patologie croniche».

I cambiamenti in arrivo sono tanti e su più fronti, ma in Casentino le proteste non mancano.

«Non ho nessun motivo per proteggere la Regione Toscana. Non sono un uomo del Pd, ma un sindaco che ha il dovere di lavorare al meglio per il proprio territorio. La mia è una lista civica. Sarebbe stato molto più facile protestare, ma io ho preferito lavorare per una sanità migliore».

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Valerio Bobini, presidente Crest

La protesta del Crest La voce più forte della protesta continua ad essere quella del Crest, Comitato Regionale Emergenza Sanità Toscana. Il cuore della questione sembra essere l’insieme delle motivazioni che hanno portato a definire il punto nascite del Casentino non sicuro, nonostante fosse considerato fino a poco tempo un fiore all’occhiello della sanità Toscana. Il Crest è la rete di comitati e movimenti delle zone periferiche e marginali della regione, dal Casentino all’Isola d’Elba «che dal 2011 chiede il rispetto dell’articolo 32 della Costituzione per la tutela della salute del cittadino, ovunque  egli risieda». Si occupa della tutela degli ospedali montani e insulari, contro la privatizzazione della sanità toscana. «Altro che tutela del territorio, questo è smantellamento» dichiara Valerio Bobini, infermiere, presidente del Comitato Salute Casentinese Bibbiena e presidente della rete Crest. «Nel nuovo patto territoriale che sancisce la soppressione del punto nascita del Casentino, si fa tutto tranne sostenere la sanità della propria vallata. Il rilancio deve passare dalla richiesta di finanziamenti e la crescita del personale a sostegno delle unità operative. Il danno provocato non solo alle mamme casentinesi ma a tutti i cittadini è enorme, per la salute,  per lo sviluppo futuro della nostra vallata e per la permanenza della popolazione in zona». Insieme al Crest molti cittadini temono che chiusura del punto nascite possa compromettere la sopravvivenza stessa del presidio ospedaliero di vallata. «È il primo passo verso un ridimensionamento dell’intera struttura già iniziato da qualche anno con un lento svuotamento di contenuti, personale e fiducia» dichiara Bobini.  Al cuore di questa chiusura c’è la questione sicurezza. La situazione sembra essere precipitata negli ultimi due, tre anni ma, a detta di Bobini, molte cose non tornano. «Da sempre in Casentino, ma soprattutto negli ultimi anni, il punto nascite del Casentino era un esempio di eccellenza ed un polo attrattivo anche da fuori zona. La stessa ASL 8 ne faceva un vanto di tutta l’azienda».

Il patto territoriale sembra affermare il contrario. Bobini, lei che ha lavorato in questo ospedale può raccontarci cosa è successo negli ultimi anni?

«Fino a due anni fa, l’ex direttore generale Enrico Desideri ha sempre sostenuto l’eccellenza e la sopravvivenza del punto nascite. Ogni volta che lo abbiamo incontrato col comitato ha fatto promesse di mantenimento e investimento in questo reparto. Sostenevamo entrambi che i piccoli ospedali, se gestiti bene, con il personale giusto e motivato, garantivano risultati superiori ed a minor costo degli ospedali più grandi. Poi la Regione ha iniziato con i tagli di personale e servizi, allora si è dovuto trovare la scusa della sicurezza. In Toscana oggi mancano circa 2000 operatori sanitari tra medici, infermieri, tecnici ed oss. Manca la turnazione del personale, dopo i pensionamenti non viene assunto nuovo personale. Nel 2012 nascevano a Bibbiena 360 bambini. Il reparto era attrattivo e assolutamente sicuro. Il nostro è un ospedale di Area Disagiata Montana con pessima viabilità e tempi lunghi per arrivare all’ Ospedale provinciale. Eliminare questo punto nascite sì che aumenta esponenzialmente i rischi».

Può farci un esempio?

«Se avviene un distacco di placenta nella frazione di Farneta per esempio, e devo arrivare ad Arezzo per partorire, metto gravemente a repentaglio la vita della mamma e del bambino. Alcuni paesi del Casentino distano dall’ospedale di Arezzo più di 60 chilometri. Si sta parlando di un’ora e mezzo di viaggio. La sicurezza è un’altra cosa. Lo stesso Ministro Lorenzin a novembre 2015 ha firmato il decreto per la tutela delle nascite in montagna. Anche al di sotto della quota minima delle 500 nascite deve essere garantito un servizio valido e sicuro. Sull’esempio della Svizzera e dell’Austria dovremmo andare verso un modello sperimentale di erogazione del servizio di ostetricia».

Quali saranno le prossime mosse del Crest?

«Oggi siamo a Volterra al fianco dei sindaci di tutta Italia e delle associazioni di Comuni Anpci, Ancim, Uncem e Comuni virtuosi d’Italia per manifestare la forza dei piccoli Comuni contro le fusioni e i tagli imposti dalla Regione Toscana. Contemporaneamente siamo ad Arezzo. In piazza continua la nostra raccolta firme per promuovere il referendum abrogativo dell’articolo 34 bis della legge regionale. L’obbiettivo è la salvaguardia della sanità pubblica contro la privatizzazione. Ma non basta. Questa storia della mancata sicurezza del punto nascite del Casentino non torna. Temiamo che siano stati falsati i dati. Per questo stiamo cercando di raccogliere tutti i documenti interessanti che dal 2005 al 2015 parlino dl punto nascite. Vogliamo capire se ci sono state manovre strane e, se così fosse, faremo un esposto alla Procura della Repubblica».

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